Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Dic 06, 2014 Cardiotool Farmaci, Farmaci Prevenzione primaria, Questioni Pratiche, Questioni Pratiche - Prevenzione Primaria 0
L’unico dosaggio autorizzato dal ministero (scheda tecnica) per prevenzione “primaria” CV è 100mg/die
L’associazione di aspirina e FANS (anche selettivi) aumenta il rischio di emorragie. Sia pur con dati non sempre omogenei e con differenze da molecola a molecola si è segnalato un aumento di rischio di eventi CV con l’utilizzo di FANS, per cui in generale si sconsiglia l’uso continuativo di questi farmaci nei pazienti con patologie CV (e patologia renale); si rimanda comunque alla scheda tecnica per le differenze tra le varie molecole. Situazione analoga si ha per la possibile interferenza con l’azione protettiva dell’aspirina (riduzione dell’effetto). Per questo motivo si sconsiglia l’uso prolungato di FANS in chi usa aspirina per prevenzione CV; in caso di utilizzo per breve tempo od occasionale si consiglia di distanziare le somministrazioni (30-60’ dopo l’assunzione di aspirina); anche in questo caso si rimanda alla scheda tecnica per le differenze tra le varie molecole.
Le linee guida KDOQI raccomandano (a meno di controindicazioni) l’utilizzo di ASA a scopo preventivo nei pazienti con malattia renale.
La scheda tecnica ministeriale non autorizza l’utilizzo di aspirina direttamente nei soggetti con insufficienza renale a causa dell’elevato rischio CV della patologia (come avviene invece per le statine), per cui in questo pazienti è opportuno il calcolo del rischio con l’algoritmo CUORE e la prescrizione in caso di rischio > 20% a dieci anni (in caso contrario la prescrizione sarebbe off-label per la prevenzione primaria).
Le linee guida ACCP 2012 raccomandano:
1) procedure odontoiatriche o dermatologiche minori e interventi cataratta: NON interrompere ASA in chi lo utilizza per prevenzione CV secondaria
2) in pazienti che utilizzano ASA per rischio CV elevato o medio (prevenzione primaria): NON interrompere ASA fino a prima dell’intervento (esclusa chirurgia cardiovascolare, con l’eccezione dei by-pass aorto-coronarici)
3) in pazienti a basso rischio CV interrompere ASA 7-10 giorni prima dell’intervento (NB: in prevenzione primaria in realtà i pazienti a basso rischio CV non dovrebbero utilizzare ASA ndr)
Nel corso degli ultimi 10 anni, è stata proposta l’ipotesi di un effetto terapeutico non cardiovascolare dell’aspirina sulla prevenzione della mortalità per neoplasie. Questo concetto, derivato dapprima da casistiche di pazienti affetti da cancro del colon-retto, è stato successivamente confermato per altre neoplasie, in particolare per gli adenocarcinomi. Attualmente non c’è l’approvazione dell’uso dell’aspirina nel campo della prevenzione delle neoplasie e non esistono studi ad hoc sulla prevenzione primaria (i dati derivano da analisi secondarie di studi che valutavano la prevenzione CV). Per chi ha già comunque l’indicazione all’utilizzo dell’aspirina queste informazioni possono essere utili per rinforzare la motivazione e, conseguentemente l’aderenza alla terapia (l’effetto sulle neoplasie appare infatti per l’utilizzo prolungato del farmaco). Per un approfondimento sull’argomento vedi “anno della prevenzione cardio-oncologica”
L’utilizzo di ASA in pazienti privi di patologia CV è autorizzato in Italia (nel solo dosaggio di 100mg/die) per “Prevenzione degli eventi cardiovascolari in pazienti ad elevato rischio = soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare maggiore (rischio a 10 anni > 20% in base alle carte di rischio del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità” (da scheda tecnica ministeriale)
Algorimo CUORE
Questa indicazione è sostanzialmente sovrapponibile a quella di un recente documento dell’ European Society of Cardiology (ESC) Working Group on Thrombosis: Aspirin Therapy in Primary Cardiovascular Disease Prevention (JACC v o l. 6 4 , no. 3 , 2 0 1 4) che raccomanda l’utilizzo di aspirina nei soggetti con probabilità di eventi CV (ictus e infarto miocardico fatali e non fatali) > 20% a dieci anni. Lo stesso documento invita a considerare l’uso di aspirina nei pazienti a medio rischio (10-20%) dopo discussione con il paziente ed esclusione di particolari elementi di rischio emorragico. L’uso nei pazienti a rischio intermedio è però al momento “off-label” in Italia.
Il documento ribadisce che il calcolo del rischio deve essere effettuato anche per i pazienti diabetici (cosa perfettamente possibile con algoritmo CUORE)
In base ai dati dell’ISS circa il 4% della popolazione maschile 40-69 anni (e << 1% di quella femminile) presentano un rischio CV calcolato > 20% a dieci anni. La mancata identificazione di questi soggetti impedisce di mettere in atto efficaci misure preventive. Da un punto di vista pratico si consiglia di calcolare il rischio con algoritmo CUORE in:
Si prendono in considerazioni le emorragie “maggiori”, che possiamo dividere in emorragie intracraniche ed emorragie del tratto gastroenterico (con trasfusione e/o ospedalizzazione). Sebbene entrambe considerate “maggiori” è ben evidente come il peso in termini di qualità di vita sia molto differente. Ovviamente nei soggetti con indicazione (rischio CUORE > 20% a dieci anni) il rapporto rischio/beneficio è chiaramente favorevole all’aspirina. Questo però non impedisce cercare di ridurre comunque il rischio emorragico. I PPI non sono ovviamente utili per prevenire le emorragie intracraniche ( e quelle, rare, a carico del colon), ma sono efficaci per quelle del tratto gastroenterico superiore. L’uso dei PPI non deve essere indiscriminato e, per quanto riguarda la rimborsabilità, il riferimento rimane la NOTA1
Può essere utile ricordare che il periodo a maggior rischio di sanguinamento è quello iniziale (primi 3 mesi), probabilmente perché, successivamente, i soggetti “predisposti” alle emorragie (e che hanno sanguinato precocemente) vengono “protetti” o sospendono la terapia.
E’ utile quindi concentrare la sorveglianza in questi primi mesi. Sempre in questo periodo si manifestano gran parte degli altri effetti collaterali gastro-enterici (dispepsia, nausea, ecc), che, ricordiamo, non sono necessariamente correlati ad un danno oggettivabile a livello gasto-intestinale. L’effetto “nocebo” (attribuire al farmaco disturbi in realtà non dovuti al farmaco stesso) è molto frequente, e, per questo motivo, al momento della prescrizione oltre a motivare il paziente illustrando i vantaggi della terapia è utile discutere i possibili effetti collaterali e spiegare come gestirli.
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