Il paziente anziano

Dic 12, 2014 Redazione Questioni Pratiche, Questioni Pratiche ipertensione 0

---

La diagnosi di Ipertensione Arteriosa nell’anziano, come nel giovane, deve essere posta sulla base di rilevazioni pressorie multiple eseguite in diverse occasioni.

Nel paziente anziano devono essere tenute presenti però alcune peculiarità nel formulare la diagnosi di Ipertensione Arteriosa:

1. Il GAP auscultatorio è un indice diretto di aumentata rigidità della parete arteriosa ed è caratterizzato, dalla normale comparsa dei toni di Korotkoff durante la deflazione del bracciale dello sfigmomanometro, che però scompaiono prima del raggiungimento della pressione diastolica, per ripresentarsi a valori inferiori.
2. La Pseudoipertensione: marcata sovrastima (da +10 a +64 mmHg) dei valori di pressione arteriosa con lo sfigmomanometro, rispetto ai valori “veri” di pressione intravascolare, dovuta al fatto che, in presenza di sclerosi della tonaca arteriosa media, tipica dell’anziano e del paziente diabetico.
3. Il fenomeno dell’ipotensione ortostatica sistolica (calo di ≥ 20 mmHg della pressione sistolica o pressione sistolica < 94 mmHg) o diastolica (calo di ≥ 10 mmHg, con o senza riduzione eccessiva della pressione sistolica) e dell’ipertensione ortostatica (pressione diastolica ≤ 90 mmHg in clinostatismo con aumento a ≥ 98 mmHg in ortostatismo): sono dovuti a disturbi disautonomici dovuti ad affezioni degenerative del sistema autonomo o al diabete.

In questi casi è opportuno eseguire determinazioni della pressione arteriosa dopo 1, 3 e 5 minuti di ortostatismo.

Monitoraggio pressorio delle 24 ore nel paziente anziano 

• Il Monitoraggio pressorio delle 24 ore nel paziente anziano è importante per la ricerca di ipotensione ortostatica, post prandiale o notturna.
• Permette di ottenere importanti informazioni sul ritmo circadiano della pressione arteriosa, che risulta spesso alterato nel paziente anziano in quanto aumenta progressivamente la variabilità pressoria nelle 24 ore e si riduce notevolmente il fisiologico calo pressorio notturno. 

Terapia:

• Gli studi indicano che nei pazienti anziani il trattamento farmacologico dell’ipertensione arteriosa non solo previene gli eventi cardiovascolari ma si traduce anche in un significativo beneficio in termini di sopravvivenza.

 

• Nei pazienti ipertesi > 80 anni con PAS >160 mmHg è raccomandata, sulla base di evidenze scientifiche solide, la prescrizione del trattamento con farmaci antiipertensivi, con l’obiettivo di una riduzione al di sotto di 150 mmHg;

 

• Poiché esistono differenze nello stato di salute generale di ciascun paziente anziano, la decisione di istituire un trattamento deve essere individualizzata, e la riduzione dei valori pressori deve essere in ogni caso graduale e costantemente controllata dal medico.

 

• I pazienti di età maggiore > a 65 anni ottengano lo stesso beneficio dei pazienti < 65 anni in seguito alla riduzione dei valori pressori.

 

• Non vi sono evidenze riguardo ad una maggiore efficacia di alcune classi di farmaci nei giovani o negli anziani. 

• Nei pazienti anziani la terapia farmacologica dovrebbe essere iniziata con diuretici tiazidici, calcio-antagonisti, antagonisti recettoriali dell’angiotensina, ACE-inibitori e beta-bloccanti, come previsto anche dalle linee guida generali.

 

• Nell’ipertensione arteriosa sistolica isolata dell’anziano, tre trial, hanno utilizzato con beneficio come farmaco di prima scelta rispettivamente un diuretico e un calcio-antagonista.

 

• La maggior parte degli anziani e soprattutto i grandi anziani fragili presentano numerose comorbidità: è opportuno quindi scegliere la terapia iniziale sulla base di condizioni che favoriscono o controindicano l’impiego di determinate categorie di farmaci:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Precauzioni negli anziani:

• Non utilizzare gli alfa-bloccanti (doxazosina, terazosina), a causa del rischio di ipotensione ortostatica e conseguente sincope.
• Usare con prudenza i farmaci antialdosteronici (spironolattone, canrenone, canrenoato di potassio, amiloride, triamterene) nei soggetti con clearance della creatinina ridotta, per il rischio di iperkaliemia (soprattutto se associati a farmaci agenti sul sistema renina-angiotensina).
• Non sono raccomandati come trattamento abituale dell’ipertensione gli antiadrenergici centrali come la clonidina e la metildopa, a causa dell’alto rischio di eventi avversi a carico del SNC (sonnolenza, secchezza delle fauci), bradicardia e ipotensione.
• I calcio-antagonisti a lunga durata d’azione sono particolarmente efficaci nell’anziano con ipertensione sistolica isolate. Va però evitata la nifedipina in capsule a pronto rilascio (anche nelle crisi ipertensive) per il rischio di cali pressori repentini e incontrollati (con possibili fenomeni ischemici acuti cerebrali, cardiaci e renali) e di tachiaritmie riflesse.
• I beta-bloccanti sono di prima scelta nei soggetti con scompenso cardiaco sistolico, iperattività simpatica, angina da sforzo, fibrillazione atriale.
• Iniziare la terapia con la dose minore di un solo farmaco e aumentarla gradualmente in relazione alla risposta pressoria. Ridurre la pressione arteriosa gradualmente (in 4-8 settimane).
• Nel grande anziano il trattamento va individualizzato in base alle condizioni generali.
• Prima di aggiungere ulteriori farmaci anti-ipertensivi, valutare e correggere le possibili cause di un’apparente mancata risposta terapeutica (“pseudoresistenza”):
  1. Mancata aderenza terapeutica
  2. Errori di rilevazione della pressione arteriosa
  3. Pseudo-ipertensione
  4. Ipertensione da camice bianco

Il follow-up dell’anziano iperteso

• Nell’anziano i valori della misurazione domiciliare della pressione arteriosa (HBPM), hanno mostrato una maggiore accuratezza predittiva rispetto a quelli rilevati nello studio medico.
• E’ opportuno che l’anziano o il care-giver utilizzi un misuratore elettronico validato della pressione arteriosa, se possibile con algoritmo per la rilevazione della fibrillazione atriale (che ha un’elevata incidenza negli anziani ipertesi).
• Il monitoraggio ematochimico (creatininemia con calcolo della clearance della creatinina mediante formula di Cockcroft-Gault o MDRD o EPI-CKD, elettroliti, glicemia, uricemia) dovrebbe essere eseguito una o due volte all’anno, in assenza di modificazioni del quadro clinico o dello schema terapeutico.
• Nei pazienti che assumono ACE- inibitori e FANS o che presentano ridotta funzione renale preesistente monitorare frequentemente la funzionalità renale per il rischio di insufficienza renale acuta.

I controlli strumentali (ECG, eventualmente monitoraggio pressorio nelle 24 ore) non hanno una periodicità predefinita; la frequenza della prescrizione deve essere valutata in base al quadro clinico, ai valori pressori e alle comorbidità.

---

---

---