Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Gen 22, 2015 Cardiotool Farmaci, Farmaci Scompenso cardiaco, Questioni Pratiche, Questioni Pratiche - Scompenso Cardiaco 0
Sia pure non frequentemente, accade che il Medico di Medicina Generale debba assiste un paziente nel quale si sono esaurite le opzioni terapeutiche rivolte a migliorare la prognosi. Inoltre, nella gestione di tutte le patologie croniche, va sempre più affermandosi il principio che l’attenzione al sollievo dei sintomi e alla qualità della vita debba essere non solo una caratteristica delle fasi terminali della malattia ma un atteggiamento del medico che si manifesta in tutto il percorso di cura e si estende alla famiglia del paziente.
A differenza delle neoplasie, lo scompenso cardiaco ha una traiettoria di malattia difficilmente prevedibile, caratterizzato da fasi di instabilizzazione in corrispondenza delle quali il decesso può sembrare imminente. Nelle fasi più avanzate di malattia deve prevalere l’attenzione alla qualità della vita, agli aspetti psicologici, sociali e spirituali, rispettando le preferenze del paziente riguardo alle fasi terminali della vita. Si tratta di un approccio di cura molto complesso che richiede spesso una gestione multiprofessionale nell’ambito della quale il Medico di Medicina Generale, punto di riferimento per la famiglia, deve svolgere un ruolo di intervento e di coordinamento. La discussione di tutti gli aspetti delle cure palliative riferite al paziente con scompenso cardiaco in fase avanzata esula dagli obiettivi di questo documento. Riportiamo in estrema sintesi alcune note riguardanti la gestione dei sintomi di più frequente riscontro.
Diuretici e nitrati possono essere efficaci ma in genere in questa fase sono già stati utilizzati a dosaggio pieno. Se la dispnea non è suscettibile di miglioramento e rappresenta un grave disagio, è opportuno discutere con il paziente la possibilità di ridurre lo stato di coscienza o di utilizzare gli oppioidi. Gli oppioidi a basse dosi (2.5 mg di morfina o 1 mg di ossicodone) si sono dimostrati efficaci nel ridurre la dispnea. Le benzodiazepine possono essere utili nel ridurre l’angoscia associata alla mancanza di respiro. La somministrazione di ossigeno può essere utile solo se vi è uno stato di ipossiemia valutabile, sia pure in modo approssimativo, utilizzando un pulsossimetro.
E’ spesso presente nel paziente con scompenso in fase avanzata ma altrettanto spesso non valutato e gestito in modo adeguato. Quando il dolore è determinato da cause specifiche va trattato con farmaci appropriati (ad esempio: bifosfonati per le fratture ossee e farmaci antianginosi se di origine stenocardica). I FANS devono essere evitati perché possono causare sanguinamento gastro-intestinale, ritenzione di liquidi, peggioramento della funzione renale. In presenza di dolore moderato-severo il trattamento di scelta è rappresentato dagli oppioidi. Si inizia la terapia utilizzando dosi crescenti di oppioidi a breve durata di azione in modo da individuare la dose giornaliera che consente un soddisfacente controllo dei sintomi. Dopo la fase di titolazione si può passare a un preparato a lento rilascio.
Non esiste un trattamento specifico ma è opportuno ricercare e trattare eventuali cause modificabili: anemia, infezioni, disidratazione, alterazioni elettrolitiche, disfunzione tiroidea, depressione.
Cachessia cardiaca
La cachessia cardiaca é definita come una perdita involontaria di peso, non dovuta alla perdita di liquidi, di entità ≥ 6% del peso corporei nei 6-12 mesi precedenti.
Colpisce il 10-15% dei pazienti con scompenso, soprattutto quelli con frazione di eiezione compromessa. Si caratterizza per una progressiva perdita di peso dovuta a riduzione della massa magra, della massa grassa e dell’osso.
La cachessia cardiaca rappresenta un importante indicatore prognostico in quanto determina una riduzione della capacità funzionale, un maggiore ricorso alla ospedalizzazione ed una più elevata mortalità.
Il paziente presenza anoressia, nausea, stipsi, sazietà precoce, alterazioni del gusto, dispnea durante il pasto, depressione, astenia e questi sintomi determinano una ulteriore perdita di peso.
I meccanismi fisiopatologici che la determinano non sono ben noti, probabilmente entrano in gioco diversi fattori: deficit nutrizionali, ridotto assorbimento intestinale, disturbi ormonali, attivazione di meccanismi infiammatori e/o immunitari,
Oltre alla valutazione dei sintomi, non é facile oggettivare lo stato cachettico. Il peso cardiaco e l’indice di massa corporea non sono attendibili in quanto non distinguono tra massa magra e massa grassa e possono essere sovrastimati dalla presenza di ritenzione idrica. Altri indicatori sono: ipoalbuminemia (< a 3.2 g/L), bassa colesterolemia (< 172 mg/dl), aumento della proteina C-reattiva.
Non esiste una terapia di provata efficacia. Si consiglia di aumentare l’apporto calorico, di proteine, di tiamina, acido folico, vitamina C, vitamina D ed olio di pesce. Di effettuare pasti piccoli e frequenti. Di seguire un programma di attività fisica controllata per contrastare la perdita di massa muscolare. Dal punto di vista farmacologico, i cortisonici, il megestrolo acetato, l’insulina possono stimolare l’appetito e/o determinare un aumento di peso corporeo anche se la loro reale utilità e la sicurezza di impiego non sono stati stabiliti.
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