Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Gen 22, 2015 Cardiotool Farmaci, Farmaci Ipertensione, Questioni Pratiche ipertensione 0
L’Ipotensione Ortostatica (I.O.) è definita come una riduzione sostenuta di almeno 20mmHg della Pressione Arteriosa (P.A.) sistolica o di 10 mmHg della P.A. diastolica entro tre minuti dall’assunzione della stazione eretta.
Negli anziani, data la frequenza di disturbi disautonomici come in alcune condizioni cliniche quali il diabete oppure dovuti ad affezioni degenerative del sistema autonomo, è essenziale anche eseguire determinazioni della P.A. dopo 1, 3 e 5 minuti di ortostatismo. L’I.O., sia sistolica (calo di ≥ 20 mmHg della pressione sistolica o pressione sistolica < 94 mmHg) che diastolica (calo di ≥ 10 mmHg, con o senza riduzione eccessiva della pressione sistolica), rappresenta un indice prognostico negativo nella popolazione anziana ed è correlata ad un’aumentata incidenza di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari e al rischio di cadute e fratture.
Il mantenimento della P.A. dipende:
Non esiste trattamento farmacologico che possa vicariare completamente l’alterato controllo vegetativo del sistema cardiovascolare e pertanto il trattamento efficacie dell’I.O. si deve avvalere di un approccio integrato di terapia non farmacologica (unico approccio per pazienti con I.O. asintomatica) e terapia farmacologica (indispensabile per pazienti con I.O. sintomatica). Inoltre, le scelte terapeutiche devono essere ottimizzate in modo specifico per ogni paziente in base alla malattia ma anche in base alle aspettative del paziente ricordando che il bersaglio della terapia della I.O. non è solo quello di migliorare i valori pressori, ma quello di ridurre i sintomi e migliorare la qualità di vita.
Farmaci che aggravano il fenomeno dell’ipotensione ortostatica
Insegnare al paziente con I.O. ad evitare i seguenti fattori che influenzano negativamente la P.A. e la volemia:
Educare il paziente a riconoscere i fattori favorevoli al controllo della I.O.. Il paziente deve modificare le proprie abitudini introducendo i seguenti elementi utili all’espansione del volume ematico che è un requisito indispensabile per ottenere una risposta efficace con la terapia farmacologia:
Lo scopo del trattamento farmacologico dell’I.O. non è di riportare i valori pressori entro i limiti di norma, ma di rendere l’I.O. asintomatica permettendo al paziente una autonomia funzionale almeno nell’ambito della casa. Si sconsiglia il frequente automonitoraggio della P.A. da parte del paziente perché generalmente fuorviante e condizionato dalla posizione e dal momento della giornata in cui viene eseguito. Risulta invece di grande utilità la misurazione della P.A. delle 24 ore (Holter pressorio) perché permette la contemporanea valutazione della entità della I.O. post-prandiale e al mattino e della ipertensione supina specialmente notturna.
Farmaci utilizzati:
Il fludrocortisone: potente mineralcorticoide sintetico, agisce determinando l’espansione del volume dei liquidi corporei intra- ed extra-vascolari, sensibilizzando i recettori vascolari alla noradrenalina e aumentando la risposta vasocostrittrice. Secondo le linee guida della Federazione Europea delle Società Neurologiche (EFNS) è il farmaco di prima scelta per il trattamento della I.O. neurogena. La dose iniziale è di 0,1 mg/die aumentabile di 0,1 mg ogni 1-2 settimane fino a un massimo di 0,3-0,5 mg/die, generalmente in un’unica somministrazione prima di dormire al fine di migliorare il controllo pressorio del mattino al risveglio che è il momento critico della giornata. Ai dosaggi descritti gli effetti collaterali sono minimi, mentre dosi elevate possono determinare sovraccarico e insufficienza cardiaca congestizia, ipopotassiemia e cefalea. Raro è il peggioramento di un diabete preesistente.
La midodrina è il simpaticomimetico più usato in Italia, e l’unico approvato dalla Food and Drug Administration negli USA. È in grado di migliorare l’ I.O. e i sintomi correlati. Si tratta di un profarmaco che è assorbito quasi completamente come tale e successivamente convertito nel suo metabolita attivo desglimidodrina, che ha effetto vasocostrittore sulle arteriole e sul letto di capacitanza venoso. La midodrina non attraversa la barriera ematoencefalica perciò ha scarsi effetti sul sistema nervoso centrale. La posologia è di 2,5-10 mg 3 volte/die, meglio se somministrata al mattino, prima del pranzo e nel pomeriggio (mai dopo le 18 per non interferire sui livelli pressori notturni). L’ipertensione notturna è un effetto indesiderato comune, insieme a piloerezione e ritenzione urinaria.
La piridostigmina, inibendo l’acetilcolinesterasi potenzia la trasmissione simpatica ganglionare soprattutto in ortostatismo, dove l’attività simpatica è maggiore. La dose iniziale è di 30 mg 2 o 3 volte al giorno, aumentabile fino a un massimo di 60 mg 3 volte al giorno. I principali effetti collaterali sono colinergici (eccessiva salivazione, aumento della peristalsi, nausea, vomito e crampi allo stomaco).
La diidrossifenilserina (DOPS, DROXIDOPA) è un profarmaco che viene convertito dalla DOPA-decarbossilasi a noradrenalina. Questo è il farmaco di elezione nei pazienti con deficienza dell’enzima dopamina beta-idrossilasi (DβH), una rara malattia ereditaria in cui il paziente non può sintetizzare la noradrenalina (NA) e l’adrenalina. In tale condizione la diidrossifenilserina nella forma levo o in forma mista racemica innalza i livelli plasmatici di NA superando il blocco di sintesi dovuto all’assenza dell’enzima DβH. La diidrossifenilserina è in grado di attraversare la barriera ematoencefalica, ma la sua azione non è di tipo centrale bensì periferica. Il farmaco riduce i sintomi correlati all’ I.O. in diverse condizioni cliniche associate a disautonomia (atrofia multisistemica, disautonomia pura, malattia di Parkinson).La dose di partenza è 200-300 mg/die, con successivi incrementi di 100 mg/die fino al raggiungimento della dose ottimale che varia secondo la condizione clinica (fino a un massimo di 900 mg/die in tre somministrazioni). Il famaco è generalmente ben tollerato con lievi effetti avversi (nausea, cefalea, aumento della pressione, allucinazioni)
Trattamenti specifici per particolari situazioni cliniche sono: la desmopressina (spray nasale, 10-40 µg, o per os, 100-400 µg per notte) per ridurre la poliuria notturna, l’octreotide che inibisce il rilascio di peptidi vasoattivi intestinali e pancreatici (25-50 µg s.c. 30 minuti prima di un pasto), l’acarbose, un inibitore dell’α-glicosidasi (100 mg/die) per controllare l’ipotensione postprandiale e l’eritropoietina (25-50 U/kg di peso corporeo s.c. per 3 volte la settimana per 6-8 settimane) per aumentare la massa eritrocitaria.
L’ipertensione clinostatica è di frequente riscontro nei pazienti con disautonomia e può essere aggravata dalla terapia con fludrocortisone e simpaticomimetici. Tale condizione oltre a peggiorare i sintomi di ipoperfusione cerebrale durante i cambiamenti posturali, peggiorando il compenso dell’autoregolazione cerebrale, aumenta il rischio di sviluppare ipertofia ventricolare cardiaca ed encefalopatia vascolare.
Al fine di limitare questo fenomeno si consiglia di:
In alcuni pazienti l’utilizzo di farmaci antipertensivi a breve emivita può essere indicato.
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