Nuovi farmaci per il trattamento della cardiopatia ischemica: ranolazina e ivabradina

Gen 13, 2015 Cardiotool Farmaci, Farmaci Cardiopatia ischemica, Questioni Pratiche, Questioni Pratiche - Cardiopatia Ischemica 0

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RANOLAZINA

La cardiopatia ischemica riduce l’apporto ematico al cuore ed è normalmente causata da coronaropatia.

L’angiolpastica coronarica, il bypass aorto-coronarico e la terapia medica hanno un forte impatto nel ridurre i sintomi anginosi della cardiopatia ischemica; nonostante ciò alcuni pazienti continuano ad essere sintomatici a causa di

1. rivascolarizzazione insufficiente
2. inefficiacia o intolleranza ai farmaci
3. assenza di coronaropatia significativa (es. angina microvascolare)

La ranolazina, è un farmaco anti ischemico che può aiutare in queste situazioni in quanto, a differenza degli altri farmaci, non riduce la frequenza ne la pressione arteriosa.

1. La ranolazina è un inibitore selettivo dei canali tardivi del sodio con proprietà antiischemiche e metaboliche.
2. La dose terapeutica va dai 375 mg x 2 ai 750 mg x 2 al giorno
3. L’effetto della ranolaziona è quello di ridurre i sintomi anginosi e migliorare la capacità d’esercizio.
4. La ranolazina è indicata come trattamento di seconda linea nei pazienti in cui i farmaci di primo livello (calcio antagonisti e/o beta bloccanti) non vengano tollerati o non siano sufficientemente efficaci nel controllare l’angina
5. I livelli plasmatici di ranolazina aumentano con la contemporanea assunzione di inibitori del citocromo P3A (diltiazem, verapamil, macrolidi, succo d’uva).
6. La clearance della ranolazina è ridotta da insufficienza epatica e renale
7. La ranolazina allunga il QTc e dovrebbe essere usato con autela in pazienti con allungamento del QT o che assumono farmaci che allungano il QT.
8. La ranolazina è controindicata in pazienti con insufficienza renale grave (Cl. Creatinina <30ml/min)

IVABRADINA

L’Ivabradina è un farmaco che inibisce selettivamente la corrente pacemaker specifica I_f che controlla la depolarizzazione spontanea del nodo del seno e regola la frequenza cardiaca; in questo modo l’Ivabradina riduce la richiesta di ossigeno miocardico senza effetti sull’inotropismo o sulla pressione arteriosa.

1. Seguendo le linee guida ESC l’ivabradina è stata approvata per la terapia dell’angina stabile in pazienti intolleranti o non adeguatamente controllati con beta bloccanti nei quali la frequenza cardiaca sia maggiore di 60 battiti/min (in ritmo sinusale).
2. L’ivabradina è efficace quanto l’atenololo o l’amlodipina nei pazienti con coronaropatia stabile, ma se aggiunta alla terapia con atenololo si ha un migliore controllo dei sintomi anginosi e della frequenza cardiaca
3. L’effetto dell’Ivabradina è frequenza dipendente per cui l’effetto è maggiore in pazienti con frequena cardiaca maggiore di 70 battiti/min
4. La dose utilizzata è 5 –7,5 mg x 2 /die
5. La prescrizione è soggetta a piano terapeutico
6. L’Ivabradina non deve essere somministrata nei pazienti con bradicardia a riposo (<60 battiti al minuto), con malattia del seno, in pazienti portatori di pacemakers, con blocco AV di 3° grado e insufficienza cardiaca grave (NYHA III-IV)
7. effetti collaterali:
8. I livelli plasmatici di Ivabradina aumentano con la contemporanea assunzione di inibitori del citocromo P3A (antimicotici azolici, i macrolidi, gli inibitori della proteasi HIV) fino a 7-8 volte. Deve essere anche evitata l’associazione dell’ivabradina con diltiazem o verapamil che sono moderati inibitori del CYP3A4 e riducono la frequenza cardiaca.

L’Ivabradina allunga il QTc e dovrebbe essere usato con cautela in pazienti con allungamento del QT o che assumono farmaci che allungano il QT(es. chinidina, sotalolo, amiodarone, pimozide, sertindolo, meflochina)

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