Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Mar 20, 2015 Redazione Novità dalla ricerca, Novità Prevenzione Primaria, Novità Prevenzione Secondaria Commenti disabilitati su ASA in prevenzione secondaria a lungo termine
Le nuove linee guida dell’American Heart Association Secondary Prevention After Coronary Artery Bypass Graft Surgery (marzo 2015) confermano e sottolineano il ruolo dell’aspirina (ASA), a bassa dose, per chi ha subito un intervento di questo tipo. La somministrazione di ASA è raccomandata prima e entro sei ore dall’intervento e la terapia deve essere protratta nel cronico (Class I; Level of Evidence A). Naturalmente si ribadisce l’importanza e il massimo livello di raccomandazione nella duplice terapia antiaggregante post intervento con livelli diversi di evidenza a seconda del farmaco associato o della durata del trattamento combinato.
Anche il recente studio PEGASUS conferma che l’aggiunta di ticagrelor a basse dosi di aspirina riduce il rischio di eventi cardiaci secondari, morte o ictus, anche dopo un anno intorno al 15-16% a seconda della dose di ticagrelor utilizzata. L’aumento del rischio di sanguinamento maggiore non interessa emorragie fatali o emorragia intracerebrali.
L’occasione è interessante per fare il punto su ASA nella prevenzione secondaria a lungo termine.
A seguito dell’identificazione dell’importanza dell’aggregazione piastrinica nella patogenesi degli eventi cardiovascolari, sono stati programmati e condotti numerosi studi clinici controllati per la prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari. Già nel 1988, erano stati pubblicati 25 lavori metodologicamente corretti. La meta-analisi di questi studi, fatta su 20.000 pazienti al gruppo degli Antiplatelets Trialists’ Collaboration, ha dimostrato evidenti benefici clinici legati alla terapia antiaggregante piastrinica. Il dosaggio di 300-325 mg/die è risultato il più efficace nel ridurre del 24% il rischio di eventi cardiovascolari.
Nel 2002 una nuova metanalisi dello stesso gruppo degli Antiplatelets Trialists’ Collaboration su 287 studi randomizzati relativi a 135.000 pazienti ha dimostrato che nei pazienti sopravvissuti a un primo evento ischemico (compresi IM, ictus ischemico o TIA, o altre condizioni ad alto rischio come angina instabile e stabile, PCI, CABG, o FA), la terapia antiaggregante piastrinica con aspirina è in grado di prevenire circa il 25% degli eventi vascolari gravi in pazienti con rischio elevato a 10 anni, pari o superiore al 20% in base al Framingham Risk Score raccomandato dal National Cholesterol Education Program.
La stessa metanalisi ha evidenziato che in prevenzione secondaria, indipendentemente dal tipo di primo evento (infarto miocardico, ictus ischemico, TIA o altra condizione ad alto rischio) la terapia con aspirina esercita evidenti benefici sulla prevenzione di un successivo evento cardiovascolare, indipendentemente dalla dose utilizzata. La riduzione del rischio di eventi è risultata del 32% per il dosaggio di 75-150 mg/die.
Alla luce di questi risultati il gruppo degli Antiplatelets Trialists’ Collaboration 2002 , in merito alla dose di aspirina da utilizzare, ha concluso:
I dati globali dell’Antiplatelet Trialists’ Collaboration, indipendentemente dal dosaggio, sono riportati nella tabella 2.
Sulla tollerabilità, gli stessi studi hanno evidenziato che il rischio di emorragia intracranica, la più temuta tra le complicanze emorragiche, è simile con tutte le dosi di aspirina <325 mg/die, che sono quindi da preferirsi nell’impiego clinico allargato. In ogni caso l’incidenza di tale evento è assai contenuta (<1%) e non inficia, in alcun modo, il vantaggio terapeutico che l’aspirina è in grado di assicurare in termini di prevenzione degli eventi cardiovascolari.
Una considerazione particolare va rivolta al problema della durata del trattamento con aspirina per la prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari. I dati clinici disponibili orientano verso il prolungamento senza limiti nel tempo della terapia in assenza di problemi di tollerabilità. In particolare, lo studio Aspirin in the treatment and prevention of cardiovascular disease: Current perspectives and future directions, condotto secondo un disegno sperimentale caso/controllo, con un follow-up medio di 3,2 anni, ha evidenziato che i pazienti che sospendono l’assunzione di aspirina a basso dosaggio sono a maggior rischio di infarto miocardico non fatale rispetto ai pazienti che proseguono il trattamento.
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