Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Mag 18, 2015 Redazione Farmaci, Farmaci Ipertensione Commenti disabilitati su Nuovi farmaci. Gli inibitori della renina. Aliskiren
Aliskiren è il primo inibitore diretto della renina a essere stato utilizzato per la cura dell’Ipertensione Arteriosa.
Il farmaco ha un meccanismo d’azione innovativo, con modulazione del Sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone a livello del punto di attivazione, tappa iniziale e limitante, inibendo la conversione dell’angiotensinogeno in angiotensina I da parte della renina, con conseguente riduzione della produzione di angiotensina II, a cui sono attribuiti i danni più rilevanti dell’attivazione del Sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone. Inoltre Aliskiren determina una riduzione dei livelli di Angiotensina I e attività reninica plasmatica (PRA), azioni distintive rispetto ad ACE inibitori e sartani. Gli studi evidenziano anche una riduzione intorno al 20% dell’aldosterone, cosa che potrebbe contribuire all’efficacia clinica ed esprimere un ulteriore livello di controllo del Sistema RAA rispetto agli altri farmaci agenti sul sistema.
Una meta-analisi ha preso in considerazione sei studi della durata di almeno 8 settimane, condotti in doppio cieco con Aliskiren contro placebo e sartani (Valsartan o Irbesartan) contro placebo, su un ampio campione (circa 8.000 pazienti), omogeneo per sesso, età e rischio cardiovascolare: al dosaggio di 300 mg al giorno l’effetto di Aliskiren sulla riduzione della pressione sistolica e diastolica medie è comparabile, ma non nettamente superiore, rispetto ai Sartani. Sotto il profilo della sicurezza Aliskiren è risultato generalmente ben tollerato e privo di gravi effetti collaterali in modo comparabile ai sartani. È ben tollerato, senza aggiustamenti della dose, anche in pazienti con compromissione della funzione epatica o renale.
Uno studio ha considerato l’associazione Aliskiren/Valsartan mettendone in luce la superiorità nel controllo pressorio rispetto alla mono-terapia con un lievissimo incremento della percentuale degli effetti collaterali.
Un altro ancora ha riscontrato che nel 4% dei pazienti trattati con terapia associativa Aliskiren/Valsartan, i livelli plasmatici di potassio erano superiori a 5.5 mmol/l. Pertanto, i pazienti che assumono Aliskiren e un sartano dovrebbero sottoporsi a monitoraggio dei livelli plasmatici di potassio.
Un altro studio, condotto su pazienti diabetici ipertesi, ha invece preso in esame l’associazione Aliskiren/Ramipril riscontrando nuovamente la superiorità sulla monoterapia. Lo studio di Andersen, eseguito in doppio cieco per la durata di sei mesi, confronta Aliskiren e Ramipril in monoterapia e in associazione con Idroclorotiazide (HCT) su un campione di 842 pazienti ipertesi. Ne emerge che Aliskiren in monoterapia è comparabile sotto il profilo della tolleranza e superiore in termini di riduzione della pressione arteriosa rispetto al Ramipril. L’associazione con il diuretico aumenta l’efficacia di entrambi i farmaci mantenendo la superiorità di Aliskiren.
Il farmaco è stato recentemente approvato da AIFA con piano di monitoraggio biennale online per il trattamento del paziente iperteso non a target (PA >130-80 mmHg), in presenza di fattori di rischio cardiovascolari e renali (Sindrome Coronarica Acuta, Diabete Mellito, Ipertrofia Ventricolare Sinistra, ridotto filtrato renale, microalbuminuria e proteinuria franca, pregresso stroke o TIA). La farmacovigilanza, secondo il piano di monitoraggio dell’AIFA, deve focalizzarsi specialmente su alcuni effetti avversi di Aliskiren, che sono conosciuti anche in altri farmaci che agiscono sull’asse renina-angiotensina, come l’angioedema, i disturbi muscolari e l’anemia, anche se finora nel corso degli studi clinici sono stati riportati solo pochi casi con Aliskiren. Mancano studi long-term che ne chiariscano gli effetti sulla sopravvivenza in pazienti con patologie cardiovascolari e renali.
Recentemente si sono resi disponibili i dati di vari registri (Italia, Canada, Belgio, Germania, Irlanda) di monitoraggio del farmaco nel paziente real life. Ad oggi sono disponibili i dati relativi a circa 28.000 pazienti, oltre 11.000 dei quali trattati in Italia(31). In maniera trasversale nei vari paesi, il farmaco ha permesso di ridurre la PA di circa 20 (sistolica) e 10 (diastolica) mmHg, portando a target un numero elevato di pazienti rispetto agli schemi terapeutici usuali e riducendo nettamente il loro rischio cardiovascolare stimato. Altro dato interessante è la progressiva riduzione fino al 35-40%.dei farmaci dati al basale e l’ottima tollerabilità e sicurezza (segnalati solo 38 effetti avversi non gravi, 0,39 % della casistica, e due considerati gravi).
Interruzione della terapia
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