Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Mag 20, 2015 Redazione Questioni Pratiche, Questioni pratiche - home, Questioni pratiche miocarditi Commenti disabilitati su Ruolo della biopsia endomiocardica (EMB)
La presentazione clinica insieme agli esiti degli esami non invasivi (soprattutto RM cardiaca) possono suggerire la diagnosi di miocardite, ma la certezza si può avere solo con l’esecuzione della biopsia endomiocardica (EMB) che consente indagini istologiche, immunoistochimiche e la ricerca del genoma virale tramite tecniche molecolari (es. PCR).
I risultati dell’EBM sono quindi anche molto utili per una diagnosi eziopatogenetica della miocardite (vedi Classificazione miocarditi) con possibili risvolti terapeutici.
Molti pazienti con sospetta miocardite non sono considerati candidati ideali per tale manovra invasiva, pertanto spesso si giunge ad una diagnosi altamente probabile, ma non certa.
Una volta che sono state escluse le altre possibili cause di scompenso cardiaco (cardiopatia ischemica, patologie valvolari critiche, cardiomiopatia ipertrofica e cardiomiopatia restrittiva), la necessità di eseguire un’EMB dovrebbe basarsi sulla probabilità che l’esito di tale esame possa influire sul trattamento del paziente.
Nel documento del 2007 relativo al ruolo della biopsia endomiocardica stilato da American Heart Association/American College of Cardiology Foundation/European Society of Cardiology (AHA/ACCF/ESC) vengono presentate diverse situazioni cliniche con relativa indicazione a procedere o meno ad EMB ( 2007 AHA/ACCF/ESC The role of endomyocardial biopsy in the management of cardiovascular disease).
Nell’interpretazione dell’EMB vengono impiegati i criteri istologici di Dallas, in base ai quali la miocardite viene definita come attiva o bordeline.
Secondo l’OMS/ International Society and Federation of Cardiology (ISFC) per una definizione completa di miocardite ai criteri istologici vanno aggiunti quelli immunologici e immunoistochimici.
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