Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Dic 08, 2015 Gaetano D'Ambrosio Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Ictus Tia 0
E’ noto che essere in grado di comunicare in almeno due lingue protegge nei confronti della demenza, come se i soggetti bilingue avessero una maggiore riserva cognitiva.
Gli autori dello studio Impact of Bilingualism on Cognitive Outcome After Stroke hanno voluto verificare se la condizione di bilinguismo sia in grado anche di proteggere dai danni cognitivi dell’ictus.
Sono stati studiati 608 pazienti inclusi nel registro Nizam’s Institute of Medical Sciences stroke registra nel periodo compreso tra il 2006 e 2013 perché affetti da ictus ischemico, escludendo quelli che erano affetti da demenza pre-esistente all’evento acuto.
I pazienti reclutati sono stati sottoposti, da 3 a 24 mesi dopo l’evento, a valutazione clinica e test psicometrici con l’obiettivo di distinguere 4 condizioni: demenza vascolare, lieve compromissione cognitiva su base vascolare, afasia, assenza di disturbi cognitivi. Le prime due sono state considerate come espressione di danno cognitivo post-stroke.
Nei pazienti bilingue il danno cognitivo si é verificato in una proporzione significativamente inferiore dei soggetti monolingue. Invece, non sono state riscontrate differenze per quanto riguarda l’afasia. Un’analisi multivariata, che ha tenuto conto di molte variabili possibili confondenti, ha confermato che il bilinguismo, oltre all’età, é un predittore indipendente del danno cognitivo post-stroke.
Impossibile trarre conseguenze pratiche da questi risultati che tuttavia sembrano confermare l’ipotesi che il vantaggio registrato dopo stroke nei soggetti bilingue non deriva dalle più ampie facoltà linguistiche, ma piuttosto da una maggiore riserva cognitiva.
Fonte
Impact of Bilingualism on Cognitive Outcome After Stroke.Stroke. 2016;47:00-00. DOI: 10.1161/STROKEAHA.115.010418
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