Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Gen 25, 2016 Giuliana Maria Giambuzzi Farmaci, Farmaci Prevenzione primaria, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria Commenti disabilitati su Antiacidi (IPP): un rischio per il rene e per il cuore
Recentemente è stata ipotizzata un’associazione tra assunzione di antiacidi/ inibitori di pompa protonica (IPP) e malattia renale cronica (CKD chronic kidney disease). La presenza di danno renale cronico rappresenta un importante fattore di rischio cardiovascolare. Tra i farmaci più prescritti dai medici di medicina generale e dagli specialisti, gli IPP bloccanoin modo irreversibile dell’enzima H+/K+ATPasi (cosiddetta pompa protonica), via finale per la produzione dell’acido cloridrico da parte della cellula parietale gastrica.
L’utilizzo di questi antiacidi è stato correlato all’insorgenza di nefrite interstiziale acuta oltre che all’ipomagnesiemia, all’infezione da Clostridium difficile, alla polmonite comunitaria e all’aumento di fratture da osteoporosi al malassorbimento di ferro e Vit.B12.
Gli autori dello studio osservazionale Proton Pump Inhibitors and Risk for Chronic Kidney Disease hanno cercato di valutare la correlazione tra utilizzo di IPP e CKD confrontando i tassi di incidenza di malattia renale tra i 10.482 soggetti dello studio Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC) in relazione all’assunzione di IPP. L’età media dei soggetti analizzati era di 63,0 anni e il 43,9% era di sesso maschile. Rispetto ai non utilizzatori, coloro che assumevano i PPI erano più spesso di razza bianca, obesi e ipertesi.
I risultati dello studio hanno mostrato che il rischio di sviluppare malattia renale CKD nei soggetti che assumevano IPP era superiore sia rispetto al gruppo di soggetti che ricevevano inibitori del recettore H2 sia rispetto ai soggetti che non ricevevano antiacidi (IPP).
Durante il follow-up, sono stati registrati 56 casi di CKD tra i 322 utilizzatori di IPP e 1382 casi nel gruppo che non assumeva IPP (10.160 soggetti), con un rischio assoluto di CKD stimato in 10 anni tra chi usava IPP pari a 11,8%, superiore del 3,3% rispetto al rischio previsto (8,5%) nei non utilizzatori.
Considerando, nell’analisi statistica, le variabili demografiche, socioeconomiche e cliniche, Il rischio rimaneva alto anche nel confronto con gli utilizzatori degli inibitori del recettore H2 (HR aggiustato=1,4; 95% CI 1.01-1.9).
Sono stati inoltre esaminati i dati relativi a 248.751 soggetti del sistema sanitario di Geisinger in Pennsylvania che presentavano una velocità di filtrazione glomerulare (VFG) stimata > 60 ml / min / 1,73 m2, con un follow-up di 6,2 anni: al basale, il 6,8% (n.16.900) dei soggetti aveva ricevuto una prescrizione di IPP. Nei soggetti che utilizzavano antiacidi (IPP) si sono verificati 1.921 casi di CKD contro 28.226 casi tra i 231.851 soggetti che non ne facevano uso, con un rischio assoluto di CKD stimato in 10 anni del 15,6%, rischio superiore dello 1,7% rispetto a chi non assumeva IPP.
La duplice somministrazione dell’IPP (HR aggiustato, 1,46; 95% CI, 1,28-1,67) è stata associata ad un rischio maggiore di CKD rispetto alla dose unica giornaliera (HR aggiustato, 1.15; 95% CI, 1,09-1,21).
L’utilizzo degli IPP andrebbe razionalizzato valutando i potenziali rischi e benefici della terapia ed attenendosi strettamente alle previste dalle note AIFA 1 [link a:] e 48. Nei pazienti in poli-farmacoterapia gli IPP possono interferire con il rilascio gastrointestinale o con il metabolismo epatico di diversi farmaci. Questa interazione è particolarmente rilevante per farmaci con un indice terapeutico ridotto (benzodiazepine, antagonisti della vitamina K, anti-epilettici, antimicotici, ecc.).
I benefici dell’utilizzo appropriato degli IPP rimangono nettamente superiori ai potenziali rischi. Infatti, in presenza di patologia gastrica severa o fortemente sintomatica il trattamento con antiacidi (IPP) sicuramente produce benefici che superano i rischi correlati ai possibili effetti avversi. In presenza di sintomi più lievi o per la prevenzione del sanguinamento gastrointestinale in pazienti a basso rischio, invece, i rischi possono superare di gran lunga i benefici. In questa ottica andrebbero rivalutati tutti i pazienti in trattamento cronico con IPP.
E’ appena il caso di ricordare che la prescrizione degli IPP é autorizzata a scopo preventivo esclusivamente nei pazienti in trattamento cronico con ASA a scopo antiaggregante o con FANS. In ogni altro caso la cosiddetta “gastroprotezione” diventa un trattamento “ff label che espone per giunta il paziente a rischi assolutamente non giustificabili.
Fonte:
Proton Pump Inhibitors and Risk for Chronic Kidney Disease. JAMA Intern Med. Published online January 11, 2016. doi:10.1001/jamainternmed.2015.7193
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