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Calcificazioni coronariche: utilità nella valutazione del rischio cardiovascolare (Calcium score CAC)

Gen 26, 2016 Redazione Questioni Pratiche, Questioni Pratiche - Prevenzione Primaria Commenti disabilitati su Calcificazioni coronariche: utilità nella valutazione del rischio cardiovascolare (Calcium score CAC)


calcifiicazione coronarica cardiotoolI processi infiammatori e riparativi che caratterizzano l’aterosclerosi si accompagnano precocemente al deposito di sali di calcio. Per questo le calcificazioni coronariche, visualizzabili e quantificabili con la tomografia computerizzata (TC) del cuore sono considerate un marker precoce di coronoaropatia e un importante fattore predittivo di eventi cardiovascolari.
La valutazione quantitativa si esegue moltiplicando un indice di assorbimento, che corrisponde alla densità dei depositi di calcio, con l’estensione superficiale dell’area calcifica. Si può così derivare un indice numerico (Agatston score) che consente di quantificare l’entità complessiva delle calcificazioni e che correla con l’estensione e la severità del processo aterosclerotico.

Recentemente è stato sviluppato un punteggio lesione-specifico che tiene conto anche della sede e delle caratteristiche delle singole lesioni coronariche.
Le linee guida americane  ACC/AHA Guideline on the Assessment of Cardiovascular Risk (2013) sulla valutazione del rischio cardiovascolare considerano la valutazione del CAC uno strumento utile per meglio definire il profilo di rischio cardiovascolare nei pazienti in cui la valutazione effettuata utilizzando i parametri “classici” produce un risultato intermedio di incertezza. In particolare il riscontro di un CAC ≥ 300 unità Agatston o superiore al 75° percentile per età, sesso ed etnia, consente di rivalutare il paziente ad un livello di rischio più elevato.
Nonostante il documentato valore predittivo, non vi é tuttora indicazione a eseguire la valutazione del CAC in modo routinario per la stima del rischio cardiovascolare.

Fonte
Use of New Imaging Techniques to Screen for Coronary Artery Disease.Circulation.2003; 108: e50-e53doi: 10.1161/01

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