Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Mar 12, 2016 Gaetano D'Ambrosio Casi clinici, Trombosi venosa profonda - Embolia polmonare CC 4
E’ appena arrivato in ambulatorio Carlo. La moglie, molto preoccupata, chiede che sia visitato con urgenza perché “ha sicuramente uno scompenso: gli si sono gonfiate le gambe!”
Carlo, 80 anni, insegnante di francese in pensione, personaggio brillante,simpatico e chiacchierone. Da cinque anni non é più lui essendo stato colpito da una forma rapidamente progressiva di demenza fronto-temporale. Diabetico, iperteso, insufficienza renale di lieve entità, un mese fa é stato ricoverato per un focolaio bronco-pneumonico basale sinistro. Tornato a casa, Carlo é apparso peggiorato dal punto di vista neurologico e ha trascorso le sue vuote giornate alternando letto e poltrona.
Il medico lo visita subito e riscontra un edema monolaterale improntabile esteso dalla coscia alla caviglia sinistra, senza evidenti segni superficiali di flogosi. L’arto controlaterale non é edematoso. Questi elementi fanno sospettare una TVP (trombosi venosa profonda), lo score di Wells é elevato, la medicina di gruppo in cui il medico opera dispone di un ecografo grazie al quale é possibile evidenziare rapidamente una incomprimibilità del sistema venoso profondo a livello inguinale e popliteo.
Time's up
La terapia orale con warfarin é sicuramente efficace. Tuttavia essa non consente di raggiungere un effetto anticoagulante se non dopo alcuni giorni per cui deve essere sovrapposta inizialmente alla somministrazione di una terapia parenterale almeno fino a quando non si raggiunga un INR > 2.
I nuovi anticoagulanti orali (NAO) rappresentano una valida alternativa sia all’EBPM che al warfarin in quanto hanno una azione rapida e possono essere somministrati a dosaggi fissi senza la necessità di uno stretto monitoraggio laboratoristico. Tuttavia la prescrizione necessita della redazione di un piano terapeutico da parte dello specialista e ciò non é sempre realizzabile in tempi brevi.
Ricoverare il paziente con l’obiettivo di rivalutare le sue condizioni generali, precisare la diagnosi ed avviare la terapia anticoagulante in ambiente protetto é una opzione da non scartare, considerata la fragilità del paziente. Si é preferito non farlo per non esporlo ai rischi connessi ad una nuova ospedalizzazione e perché la terapia anticoagulante può essere attuata agevolmente anche a domicilio (Linee guida TVP)
Nel nostro caso il paziente é stato trattato inizialmente con enoxaparina 4000UI x 2. Successivamente, previa valutazione specialistica, si é passati alla terapia orale warfarin per circa 3 mesi ottenendo la remissione dell’edema e la ricanalizzazione dell’asse venoso femoro-popliteo.
Per il persistere delle condizioni che hanno favorito la TVP (età avanzata, ipomobilità) é stata poi prescritta una terapia a lungo termine con sulodexide per os. Questo farmaco, infatti, nonostante l’indicazione non sia ancora stata ufficialmente autorizzata, ha dimostrato di ridurre significativamente il rischio di recidiva nei pazienti reduci da un episodio di trombosi venosa profonda.
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