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Dic 23, 2016 Gaetano D'Ambrosio Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria Commenti disabilitati su La valutazione dell’efficienza cardiorespiratoria (CRF) è utile, ma poco praticata. Lo statement AHA
L’efficienza cardiorespiratoria (CRF = cardiorespiratory fitness) é un importante predittore prognostico indipendente ed andrebbe utilizzato routinariamente, accanto ai classici fattori di rischio, sia nei soggetti sani che nei pazienti affetti da malattie cardiovascolari. Questa indicazione scaturisce da un position paper recentemente pubblicato su Circulation dall’American Heart Association.
Il CRF misura l’efficienza globale del sistema costituito da apparato respiratorio, circolatorio e muscolare. Esso si valuta mediante un test da sforzo abbinato alla misura degli scambi gassosi respiratori (test cardio-respiratorio).
Vi é una ampia evidenza epidemiologica e clinica che documenta un valore prognostico del CRF almeno pari a quello dei classici fattori di rischio quali fumo, ipertensione ipercolesterolemia e diabete. E’, inoltre, dimostrato che l’aggiunta del CRF a tali fattori migliora significativamente la valutazione del rischio di eventi avversi. In particolare, i soggetti con CRF < 5 METs (equivalente metabolico. E’ l’unità di misura del dispendio energetico correlato alla attività fisica) hanno un rischio di mortalità particolarmente alto mentre i soggetti con valori tra 8 e 10 METs presentano una prognosi decisamente migliore. Piccoli incrementi del CRF, dell’ordine di 1-2 METs, sono associati con una riduzione significativa (dal 10% al 30%) del rischio di eventi cardiovascolari.
Il valore prognostico del CRF si riferisce alla mortalità globale, agli eventi cardiovascolari, inclusi ictus e scompenso cardiaco, e si estende a varie patologie croniche quali gli stati disglicemici, il diabete mellito, la sindrome metabolica, la demenza e la malattia di Alzheimer.
Nonostante il valore prognostico del CRF sia ormai ampiamente condiviso, questo tipo di valutazione non é incluso in nessuno dei modelli prognostici raccomandati ed é generalmente poco utilizzato. Sicuramente un limite é rappresentato dal fatto di dover disporre di una strumentazione relativamente complessa e di dover sottoporre il paziente ad un test da sforzo.
Tuttavia, se il test da sforzo cardiorespiratorio rappresenta il gold standard, il CRF può essere stimato con metodi alternative quali lo studio di alcuni parametri (rapporto tra incremento della frequenza cardiaca e carico di lavoro) del classico test da sforzo al cicloergometro o al treadmill e il test del cammino dei 6 minuti.
Esiste anche un algoritmo predittivo applicabile utilizzando alcuni parametri ottenibili senza sottoporre il paziente ad esercizio fisico, che tuttavia dovrebbe essere utilizzato solo per stimare l’efficienza fisica di un soggetto e valutare l’opportunità di incrementarne l’attività fisica e non a scopo diagnostico nei confronti della cardiopatia ischemica. L’algoritmo é disponibile on line all’indirizzo: https://www.worldfitnesslevel.org/#/
Fonte
Importance of Assessing Cardiorespiratory Fitness in Clinical Practice: A Case for Fitness as a Clinical Vital Sign Scientific Statement From the American Heart Association.Circulation, November 21, 2016
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