Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Gen 26, 2017 Gaetano D'Ambrosio Casi clinici, Vasculopatie CC 9
Il quesito posto dal Collega é di grande interesse anche se non consente una risposta secca e inequivocabile.
La letteratura sulla terapia antiaggregante nell’aneurisma dell’aorta addominale (AAA) è molto scarsa e non recentissima. Per rendersene conto basta eseguire una ricerca in PubMed utilizzando le parole chiave “Aortic Aneurysm, Abdominal” e “Platelet Aggregation Inhibitors”.
A nostra conoscenza le linee guida più recenti ed autorevoli sono quelle pubblicate dalla società europea (ESC) di cardiologia nel 2014 a cui fa riferimento il Collega. In questo documento si sottolinea l’assenza di trial randomizzati e si elencano gli scarsi studi osservazionali i cui risultati non sono univoci. Le linee guida ESC, tuttavia, fanno notare che i pazienti con AAA generalmente sono caratterizzati da un profilo di rischio cardiovascolare elevato e questo elemento, di per sé, giustifica l’utilizzo dell’ASA a scopo preventivo anche in prevenzione primaria. Inoltre, sia le linee guida ESC 2016 sulla prevenzione cardiovascolare – 2016 European Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice – (tabella 5 a pag 2330) sia il documento di consenso intersocietario italiano su colesterolo e rischio cardiovascolare (tabella 15 a pag 28S) considerano il paziente con aneurisma aortico come un soggetto a rischio cardiovascolare molto alto.
Analoga é la posizione delle più recenti (2016) linee guida della Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (SICVE) le quali affermano testualmente: “Sebbene non vi siano evidenze specifiche in merito, é ragionevole iniziare una terapia antiaggregante a basso dosaggio al momento della diagnosi di aneurisma aortico e proseguire tale terapia anche nel peri e postoperatorio”.
Tornando al caso clinico presentato dal Collega, ci sembra opportuno effettuare una valutazione accurata dei fattori di rischio cardiovascolare, del circolo arterioso periferico e dei possibili danni d’organo: una più ampia documentazione dell’estensione del processo aterosclerotico può favorire la definizione dell’approccio preventivo farmacologico e non farmacologico.
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