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Feb 01, 2017 Redazione Questioni Pratiche - Trombosi Venosa Superficiale Commenti disabilitati su La trombosi venosa superficiale: aspetti pratici per il medico di medicina generale
La trombosi venosa superficiale (TVS) é una patologia relativamente frequente e spesso trattata in modo esclusivo dal Medico di Medicina Generale. Sono disponibili pochi dati sulla epidemiologia della TVS, provenienti generalmente da studi datati e di piccole dimensioni. La sua incidenza é ritenuta superiore a quella della trombosi venosa profonda (TVP) che é stimata in 1 caso per 1000 persone all’anno. Molti studi riportano una prevalenza del genere femminile ed un incremento della incidenza nelle fasi più avanzate della vita. I fattori di rischio per la TVS non differiscono da quelli del tromboembolismo venoso in generale: presenza di varici, obesità, interventi chirurgici, immobilizzazione, neoplasie, malattie autoimmunitarie, gravidanza, uso di contraccettivi orali o di terapie ormonali, uso di cateteri venosi, infusione di soluzioni ipertoniche o sostanze endoteliolesive, stati trombofilici ereditari. La TVS è spesso considerata erroneamente una patologia benigna ed auto-limitantesi ma, invece, richiede molta attenzione da parte del medico in quanto:
• potrebbe essere più estesa di quanto sia apprezzabile clinicamente e coinvolgere il circolo venoso profondo, comportando quindi un aumentato rischio trombo-embolico;
• potrebbe essere la spia di una patologia concomitante, non ancora diagnosticata, anche di natura neoplastica, in grado di determinare uno stato trombofilico.
La TVS richiede, inoltre, un intervento terapeutico mirato alle caratteristiche della patologia nel singolo paziente che comporta non poche problematiche sia sul piano strettamente clinico che su quello amminstrativo-burocratico.
La presenza di un cordone sottocutaneo duro, dolente, ricoperto da cute iperemica, è un criterio semeiologico che, nella maggior parte dei casi, consente di diagnosticare agevolmente la trombosi di una vena superficiale. Bisogna però osservare che non tutte le TVS hanno la stessa ezio-patogenesi e, soprattutto, la stessa prognosi.
In questa ottica è conveniente distinguere:
• TVS che si sviluppano su vena varicosa;
• TVS su vena sana (spesso migranti o recidivanti);
• TVS di altra origine.
Nella prima categoria si considerano le TVS che colpiscono una varicosità preesistente. In questo caso le alterazioni parietali connesse alla patologia varicosa possono essere considerate il principale fattore determinante l’evento trombotico. Non altrettanto si può dire delle TVS che insorgono su vena sana per le quali un fattore esterno alla vena, generalmente una condizione di ipercoagulabiltà, spesso determinata da una neoplasia non ancora diagnosticata, deve essere attivamente ricercato. Sono raccomandati i test per la ricerca dei fattori trombofilici (tabella I), oltre agli esami di laboratorio più comuni, la radiografia del torace, lo studio degli organi addominali con metodica ecografica o con tomografia computerizzata. Non è di nessuna utilità il dosaggio dei D-dimeri, così importante, invece, nel sospetto di trombosi venosa profonda. Infine, vi sono le TVS “di altra origine”, determinate da cause esogene ben riconoscibili quali un trauma meccanico, la introduzione di un ago, di una cannula o di un catetere, l’infusione di sostanze epitelio-lesive (soluzioni ipertoniche, antiblastici, mezzi di contrasto, ecc.), la presenza di un focolaio settico locale. In questi casi la rimozione dell’agente casuale rappresenta evidentemente il provvedimento più utile e non sono generalmente necessari ulteriori approfondimenti diagnostici.
Bisogna distinguere (figura 1): A) Si tratta di un piccolo segmento varicoso (< 5 cm) lontano da crosses e da perforanti: può essere sufficiente la terapia elastocompressiva (calza elastica a compressione graduata) associata ad anti-infiammatori; solo in questa circostanza possiamo evitare di somministrare una terapia antitrombotica. B) Sono colpite la vene maggiori (grande e piccola safena) ma la TVS non si avvicina alle crosses: oltre alla elastocompressione possiamo somministrare eparina a basso peso molecolare (EBPM) a dosi profilattiche o intermedie per una durata variabile in funzione del quadro clinico (in media 4 settimane) o Fondaparinux a dosi profilattiche (2.5 mg/die in mono-somministrazione) per 45 giorni. C) Sono colpite le vene maggiori (grande e piccola safena) e la TVS raggiunge le crosses (a meno di 3 cm) o vi é evidenza di coinvolgimento del circolo profondo: questi casi devono essere trattati come una trombosi venosa profonda (TVP). Dopo la fase acuta, bisogna prendere in considerazione l’opportunità di ricorrere alla chirurgia.
Bisogna distinguere (figura 1): A) Il circolo profondo è indenne: elastocompressione e eparina a basso peso molecolare (EBPM) a dosi a dosi profilattiche o intermedie per una durata variabile in funzione del quadro clinico (in media 4 settimane) o Fondaparinux (2.5 mg/die in monosomministrazione) per 45 giorni. B) Il circolo profondo è coinvolto o comunque la trombosi si avvicina alle crosses a meno di 3 centimetri: trattare come una trombosi venosa profonda. E’ sempre opportuno valutare la possibilità che la TVS sia la spia di una patologia non ancora diagnosticata, spesso di natura neoplastica, che determina uno stato trombofilico.
In questi casi è ovviamente prioritario rimuovere la causa che ha determinato la TVS. Sono utili la compressione graduata e la terapia antiinfiammatoria (FANS o steroidi) per uso orale o topico. La terapia antibiotica è riservata ai casi di natura settica.
Nella maggior parte dei casi la diagnosi di TVS non richiede il ricorso ad una metodica di immagini poiché la patologia è clinicamente evidente. Tuttavia, una valutazione eco-Doppler può essere molto utile per evidenziare alcuni aspetti che sono cruciali per la scelta della terapia:
• l’estensione della trombosi: molto spesso maggiore di quanto valutabile clinicamente;
• la prossimità della trombosi alle crosses;
• il coinvolgimento del circolo venoso profondo.
In queste condizioni, infatti, la patologia deve essere trattata seguendo gli schemi della trombosi venosa profonda (terapia anticoagulante orale, trattamento prolungato). Il coinvolgimento del circolo venoso profondo può essere valutato con l’ecografia di compressione (CUS) metodica ecografica che, nella sua forma semplificata, può essere appresa con un breve periodo di training anche da personale non esperto in ecografia ed essere eseguita rapidamente durante la visita. La metodica, infatti, consiste del documentare la totale collassabilità delle vene, a livello dell’inguine e del poplite, per effetto della compressione meccanica (figura 2), condizione che esclude la presenza di formazioni trombotiche endoluminali. In una Medicina Generale organizzata, la presenza di un ecografo e di un MMG con particolare interesse in ecografia, in grado di effettuare una CUS semplificata, dovrebbero essere facilmente realizzabili e consentire un approccio diagnostico-terapeutico più efficace al tromboembolismo venoso senza ovviamente escludere, quando necessario, il ricorso alla consulenza specialistica.
Anche se le linee guida fanno riferimento alle eparine a basso peso molecolare (EBPM) e al Fondaparinux, in realtà solo quest’ultimo farmaco é autorizzato in Italia per il trattamento della TVS isolata (tabella II). L’utilizzo delle EBPM, quindi, in assenza di coinvolgimento del circolo profondo, è da considerarsi “off-label” e, pertanto, richiederebbe il consenso informato del paziente e, comunque, non potrebbe essere posto a carico del servizio sanitario nazionale. Il Fondaparinux, inoltre, prevede una terapia in mono-somministrazione giornaliera, non determina, alla dose di 2.5 mg/die, un aumento del rischio emorragico, non necessita, a differenza delle EBPM, del monitoraggio della conta piastrinica, é erogato, per qualsiasi indicazione, attraverso il prontuario ospedale territorio (PHT) con indubbi vantaggi economici per il servizio sanitario.
Il prontuario ospedale-territorio (PHT) o della distribuzione diretta si colloca in posizione intermedia tra il prontuario ospedaliero (PTO), comprendente i farmaci che vengono utilizzati in ospedale, ed il prontuario farmaceutico nazionale (PFN) che comprende tutti i farmaci erogabili sul territorio attraverso le farmacie convenzionate (figura 3). Il PHT è stato istituito per favorire la continuità di cura per terapie che “richiedono un controllo ricorrente del paziente”. In effetti alcuni di questi farmaci sono prescrivibili solo in ospedale e possono essere utilizzati anche sul territorio tramite la distribuzione diretta da parte della ASL (anti-HIV; anti-epatite C, alcuni chemioterapici, ecc.) per cui rispondono realmente alla opportunità di mantenere una continuità terapeutica tra ospedale e territorio. Ciò vale, per esempio, anche per le EBPM prescritte dopo chirurgia generale o ortopedica. In altri casi questi criteri sono meno evidenti o del tutto assenti come, per esempio, per la prescrizione del Fondaparinux per la TVS che può essere avviata autonomamente dal Medico di Medicina Generale indipendentemente dal fatto che il paziente abbia subito un ricovero ospedaliero. E’ importante evitare la confusione tra PHT e Piano Terapeutico. Il piano terapeutico è uno strumento normativo che vincola, limitandola, la rimborsabilità di farmaci innovativi e/o ad alto costo. Attualmente è utilizzabile solo da parte di alcuni specialisti e può riguardare sia farmaci in PHT sia farmaci del prontuario farmaceutico nazionale. Il regime di dispensazione diretta dei farmaci in PHT comporta indubbi vantaggi economici per il sistema sanitario in quanto i farmaci sono acquistati con procedura d’asta centralizzata e con una scontistica che può arrivare fino al 75-80%. Per esempio, la confezione di Fondaparinux da 2.5 mg utilizzata nel trattamento della TVS ha un costo per il sistema sanitario di soli € 17.10 a fronte di un prezzo al pubblico di € 67.45. I farmaci del PHT sono in genere distribuiti direttamente dalle ASL attraverso le farmacie ospedaliere. Tuttavia, specifici accordi tra le regioni e le associazioni dei farmacisti convenzionati consentono che questi ultimi possano distribuire alcuni farmaci del PHT per conto della ASL che li ha acquistati. E’ il caso del Fondaparinux, in tutte le indicazioni, e delle EBPM prescritte per la profilassi del tromboembolismo dopo chirurgia generale o ortopedica maggiore. Si parla in tal caso di “distribuzione per conto” (DPC), modalità di erogazione che rappresenta un indubbio vantaggio per il cittadino, perché può ritirare il farmaco presso qualsiasi farmacia convenzionata, mantenendo il beneficio economico per il sistema sanitario. Per il medico c’è il piccolo inconveniente di dover prescrivere il farmaco su ricetta a parte, per il paziente di dover attendere che la farmacia convenzionata si rifornisca del farmaco, in genere entro 24 ore.
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