Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Il cibo senza glutine (gluten free), utile nelle persone con celiachia, può aumentare il rischio di malattia cardiovascolare. A far suoanre il campanello d’allarme sono i dati raccolti dai ricercatori americani che firmanno lo studio pubblicato sul BMJ, e che riguardano 121.700 infermiere seguite dal 1976 e 51.529 operatori sanitari di sesso maschile, registrati dal 1986. Oltre ai dati raccolti sulla loro salute, i soggetti arruolati hanno compilato, ogni quattro anni, questionari sul regime alimentare seguito, tra il 1986 e il 2010. I partecipanti allo studio sono stati separati in cinque gruppi, sulla base della quantità di glutine consumato con la dieta.
Nel complesso, si sono verificati 352 casi di malattia coronarica ogni 100.000 persone all’anno tra coloro che consumavano meno glutine (circa 3 grammi al giorno), rispetto ai 277 eventi per 100.000 persone all’anno tra coloro che ne hanno assunto maggiori quantità (8-10 grammi al giorno). Dopo aver adeguato i dati per tenere conto della quantità e del tipo di cereale consumato, i ricercatori hanno trovato un rischio leggermente ridotto di eventi cardiovascolari tra le persone che hanno mangiato maggiori quantità di glutine rispetto a quelli che ne hanno consumato pochissimo.
Gli autori osservano che il boom delle diete senza glutine e tutte le affermazioni sulla presunta utilità di consumarne il meno possibile non sono basati su prove scientifiche e questo ha implicazioni sulla salute, aumentando il rischio di attacchi cardiaci e di altri eventi. Gli eventi cardiovascolari tendono invece a diminuire nei soggetti che consumano grano completo. Le diete senza glutine potrebbero ridurre l’assunzione di fibre e vitamine del gruppo B e aumentare il rischio di tossicità per l’accumulo di metalli pesanti. Gli autori consiglinao, a chi vuole seguire una dieta gluten free, di consultare un nutrizionista qualificato.
Fonte
Long term gluten consumption in adults without celiac disease and risk of coronary heart disease: prospective cohort study.: BMJ 2017;357:j1892.Published 02 May 2017
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