Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Ott 03, 2017 Redazione Novità Cardiopatia Ischemica, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Secondaria 1
Dopo un infarto, i beta-bloccanti non sono necessari se si impiegano ACE-inibitori e statine. Lo rivela uno studio che, per la prima volta mette in discussione le attuali linee guida che prevedono, nei pazienti che hanno avuto un infarto, l’assunzione, a vita un beta-bloccante, l’ACE-inibitore o ARB e la statina.
Lo studio ha esaminato i dati di oltre 90 mila pazienti del registro Medicare con più di 65 anni che avevano subito un infarto e ai quali erano stati dimessi con la prescrizione di un beta-bloccante, un ACE-inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina (ARB) e una statina.
Dall’analisi dei dati è emerso come i pazienti che avevano assunto solo l’ACE inibitore o un ARB e una statina, come prescritto, non avevano maggiori probabilità di decesso rispetto a coloro che avevano assunto tutti e tre i farmaci, quindi anche il beta-bloccante.
Nel dettaglio:
– nei pazienti che avevano assunto tutti e tre i farmaci come prescritto, il tasso di mortalità a un anno è stato del 9,3%;
– nei pazienti che erano stati aderenti alla terapia con un ACE-inibitore o un ARB e una statina, ma non un beta-bloccante, il tasso di mortalità era del 9,1%, una differenza statisticamente non significativa;
– nei pazienti che non avevano assunto alcuna delle medicine come da prescrizione, il tasso di mortalità è stato del 14,3%, con un incremento quasi del 54% rispetto ai pazienti aderenti.
Gli autori concludono che i pazienti anziani che hanno avuto un infarto del miocardio e che assumono regolarmente una terapia con un ACE-inibitore o un ARB e una statina, ma non sono in grado di assumere il beta-bloccante, non presentano un significativo aumentato del rischio di mortalità.
Nei pazienti che hanno avuto un infarto, la terapia prevede l’assunziome di circa 10 farmaci al giorno e, a sei mesi dalla dimissione dall’ospedale, solo la metà dei pazienti è aderete alle cure. Questa condizione, osservanomgli autori, espone questi pazienti a un elevato rischio di decesso o di costosi ricoveri ospedalieri per un altro infarto miocardico, ictus e insufficienza cardiaca. Poter identificare un regime di trattamento che riduca il numero di farmaci da assumere senza modificare gli outcome clinici potrebbe favorire l’aderenza alle cure e la speranza di vita
Fonte
Adherence Tradeoff to Multiple Preventive Therapies and All-Cause Mortality After Acute Myocardial Infarction. J Am Coll Cardiol, 2017;70(13):1543-54.
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