Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Gen 31, 2018 Gaetano D'Ambrosio Novità Cardiopatia Ischemica, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria 1
L’infarto acuto del miocardio, come è noto, può essere scatenato da una infezione delle vie respiratorie ed in particolare dall’influenza. Tuttavia, gli studi di cui disponiamo hanno valutato questa associazione utilizzando criteri diagnostici di tipo clinico che non possono definire con certezza la diagnosi di influenza.
Gli autori dello studio Acute Myocardial Infarction after Laboratory-Confirmed Influenza Infection, recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine, hanno utilizzato una casistica di episodi di influenza, tutti confermati con esami di laboratorio molto specifici, identificati tra maggio 2009 e maggio 2014, ed hanno valutato l’incidenza di infarto del miocardio attingendo a dati amministrativi.
Sono stati considerati 364 ricoveri per infarto miocardico acuto in 332 pazienti di cui il 48% erano donne ed il 24% era stato precedentemente ospedalizzato per infarto.
Per ogni paziente sono stati considerati i ricoveri per infarto avvenuti nei 7 giorni successivi alla diagnosi di influenza, definiti come “intervallo di rischio” e quelli avvenuti nell’anno precedente e nell’anno successivo a tale periodo (intervallo di controllo). Su un totale di 384 ospedalizzazioni per infarto, 20 si sono verificate nell’intervallo di rischio, corrispondenti ad una frequenza di ricoveri di 20.0 alla settimana, mentre 364 si sono verificate nell’intervallo di controllo, pari a 3.3 ricoveri per settimana.
Si è quindi potuto stimare che l’incidenza dei ricoveri per infarto nella settimana che segue la diagnosi di influenza è 6 volte superiore rispetto a quella riscontrato al di fuori di tale periodo. Il rischio è particolarmente alto nei soggetti più anziani e risulta indipendente dallo stato vaccinale o da eventuali pregresse ospedalizzazioni per infarto.
L’aumentata incidenza di ricoveri per infarto si è concentrata nella prima settimana dopo la diagnosi annullandosi rapidamente nelle settimane successive. In particolare l’incidenza relativa, che era pari a 6.05 nella prima settimana, risultava 0.60 (IC95% 0.15-2.41) nella seconda settimana, 0.75 (IC95% 0.31-1.81) nella terza.
Un aumento significativo del rischio di infarto è stato riscontrato anche nei 7 giorni successivi ad infezioni da influenza B, influenza A, virus respiratorio sinciziale. altri virus.
Il meccanismo con il quale il virus dell’influenza può determinare un aumento del rischio cardiovascolare non è noto. L’influenza determina una produzione di citochine pro-infiammatorie, che possono causare una disfunzione endoteliale e favorire la rottura di una placca, e può causare una attivazione piastrinica. D’altra parte l’influenza comporta un aumentato consumo di ossigeno e ciò può provocare una ischemia miocardica nei pazienti portatori di lesioni coronariche emodinamicamente significative.
I risultati di questo studio confermano quanto già noto sui rischi connessi con l’epidemia influenzale. Il fatto che l’aumentato rischio di infarto sia risultato indipendente dallo stato vaccinale ovviamente non significa che il vaccino contro l’influenza sia inutile ma solo che quando l’influenza colpisce persone che si sono vaccinate, evento possibile in quanto la vaccinazione non fornisce una immunità assoluta, il rischio dell’infezione rimane elevato. Resta pertanto invariato l’obiettivo di proteggere dall’infezione i pazienti anziani o con rischio cardiovascolare aumentato.
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