Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Apr 03, 2018 Giuliana Maria Giambuzzi Novità dalla ricerca, Novità Diabete, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria Commenti disabilitati su Diabete mellito di tipo 2. Elevato rapporto tra concentrazione di albumina urinaria e creatinina predice rischio cardiovascolare
Nei soggetti affetti da diabete di tipo 2 (DM2) un elevato rapporto tra le concentrazioni di albumina e creatinina nelle urine (RAC), aiuta nella stratificazione del rischio cardiovascolare, ma se nell’ analisi vengono presi in considerazione anche i bookmakers cardiaci, il valore prognostico incrementale è minimo.
Questi sono i risultati di uno studio recentemente pubblicato su JAMA Cardiology ed intitolato: “Cardiovascular Outcomes According to Urinary Albumin and Kidney Disease in Patients With Type 2 Diabetes at High Cardiovascular RiskObservations From the SAVOR-TIMI 53 Trial”.
Lo studio, che rappresenta un’analisi secondaria dello studio clinico randomizzato SAVOR-TIMI 53 (The Saxagliptin Assessment of Vascular Outcomes Recorded in Patients With Diabetes Mellitus–Thrombolysis in Myocardial Infarction), ha coinvolto 15.760 soggetti con DM2 e malattia cardiovascolare conclamata o più fattori di rischio, arruolati tra il 2010 e il 2013, per i quali è stata valutata la sicurezza di saxagliptin rispetto al placebo in un follow-up mediano di 2,1 anni (intervallo interquartile, 1,8-2,3 anni).
È stato quindi, calcolato il RAC a tempo zero e i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi:
– gruppo 1 RAC <10 mg/g: 5.805 pazienti (36,8%);
– gruppo 2 RAC compreso tra 10-29 mg/g: 3.891 pazienti (24,7%);
– gruppo 3 RAC compreso tra 30-300 mg/g: 4.426 pazienti (28,1%);
– gruppo 4 RAC < 300 mg/g: 1.638 pazienti (10,4%).
I risultati dello studio, hanno evidenziato che un aumento del RAC è correlato significativamente ad un incremento dell’incidenza dell’end-point primario composito (morte per cause cardiovascolari, infarto del miocardio o ictus ischemico ) (3,9%, 6,9%, 9,2% e 14,3%); morte cardiovascolare (1,4%, 2,6%, 4,1% e 6,9%); e ospedalizzazione per insufficienza (1,5%, 2,5%, 4,0% e 8,3%).
L’aumento graduale del rischio cardiovascolare associato a un RAC superiore a 10 mg/g era presente anche in ciascuna categoria di malattia renale cronica.
Considerando i biomarkers cardiaci, quali la troponina T (hsTnT), frammento N-terminale del pro-peptide natriuretico tipo B (NT-proBNP) e proteina C reattiva (hsCRP), l’effetto del miglioramento nella riclassificazione del rischio (MRR) è stato attenuato ed era pari allo 0,022 (IC 95%, -0,022-0,067) per l’end-point primario, al -0,008 (-0,034-0,053) per la morte cardiovascolare e allo 0,043 (-0,030-0,052) per l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco rispettivamente.
In conclusione, nei pazienti con DM2, il RAC ha dimostrato di essere indipendentemente associato ad un aumentato rischio di morte cardiovascolare, infarto del miocardio o ictus ischemico, nonché a morte per cause cardiovascolari e ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Tuttavia, se vengono misurati contemporaneamente anche i biomarkers cardiaci, l’utilità del RAC per la stratificazione del rischio cardiovascolare viene meno.
Il DM è ormai la causa più frequente di insufficienza renale in Europa. La valutazione del RAC viene comunemente raccomandata nei pazienti con DM2, per predire l’insorgenza di insufficienza renale, in quanto è un test semplice da eseguirsi nel corso di comuni attività ambulatoriali e generalmente permette di ottenere informazioni accurate. Secondo questo studio il RAC può quindi anche essere utilizzato per la valutazione del rischio cardiovascolare.
Fonte: Cardiovascular Outcomes According to Urinary Albumin and Kidney Disease in Patients With Type 2 Diabetes at High Cardiovascular RiskObservations From the SAVOR-TIMI 53 Trial. JAMA Cardiol. Benjamin M. Scirica, Ofri Mosenzon,Deepak L. Bhatt, 1et al. 2018; 3 (2): 155-163. doi: 10.1001 / jamacardio.2017.4228
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