Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Mag 03, 2018 Gaetano D'Ambrosio Casi clinici, Casi clinici diabete, Dislipidemie CC, Ipertensione arteriosa (CC), Prevenzione primaria CC, Prevenzione Secondaria CC, Vasculopatie CC 6
Carlo, ingegnere in pensione, ha molti malanni ma è tutt’altro che un frequentatore assiduo dello studio del suo medico di famiglia. E’ diabetico da oltre 30 anni, dislipidemico, iperteso e vasculopatico. Accusando dolore muscolare dopo marcia prolungata, ha eseguito un esame ecoDoppler che ha dimostrato la presenza di diffusa ateromasia, sia a livello dei tronchi sovra-aortici che delle arterie degli arti inferiori. Nel recente passato alcuni episodi di fibrillazione atriale per i quali, nonostante vi fosse l’indicazione, non ha mai voluto sottoporsi a terapia anticoagulante.
La sua storia di vecchio, forte fumatore gli ha lasciato una BPCO di grado severo con frequenti riacutizzazioni.
Presenta inoltre: ipertrofia prostatica benigna, insufficienza renale cronica (Stadio 3b), osteartrosi polidistrettuale, epitelioma basocellulare recidivante del volto.
Assume metformina, glimepiride, amiodarone, telmisartan, amlodipina, omeprazolo, cardioaspirina, atorvastatina, silodisina ed una terapia inalatoria comprendente un anti-muscarinico, un beta2-stimolante ed un cortisonico.
Nonostante abbia ormai 77 anni e tante patologie si fa vedere raramente dal suo medico, anche perché si sente abbastanza bene, e ritiene di essere in grado di gestirsi da solo. Si limita a chiedere il rinnovo delle prescrizioni farmaceutiche alla segretaria e tende ad eludere i controlli periodici, che il suo medico e gli specialisti che ha consultato, gli hanno consigliato.
Insolitamente oggi ha chiesto di essere ricevuto dal medico ed ha atteso pazientemente il suo turno perché ha un problema che non riesce a risolvere da solo. Deve sottoporsi alla escissione di una lesione cutanea sospetta del volto e il chirurgo plastico gli ha chiesto di farsi rilasciare una dichiarazione scritta su come comportarsi con la terapia antiaggregante in previsione dell’intervento.
[poll id=”28″]La questione relativa alla eventuale sospensione della terapia antitrombotica, nella prospettiva di una procedura invasiva o di un intervento chirurgico è molto complessa ed ampiamente dibattuta, anche perché non sostenuta da evidenze scientifiche solide ed incontrovertibili.
E’ difficile, infatti, bilanciare il rischio ischemico o tromboembolico derivante dalla sospensione della terapia antiaggregante o anticoagulante con il rischio emorragico, connesso alla procedura invasiva o all’intervento chirurgico. D’altra parte bisogna considerare che la chirurgia oltre a determinare per ragioni evidenti un rischio emorragico è di per sé associata anche ad un aumento del rischio trombotico.
Per queste ragioni la decisione di continuare o sospendere la terapia antiaggregante molto spesso richiede una valutazione clinica effettuata caso per caso e condivisa da tutto il team medico e chirurgico interessato alla gestione del paziente candidato all’intervento.
Per quanto riguarda il rischio emorragico, gli interventi di chirurgia cutanea sono considerati a rischio molto basso e per questo la sospensione della terapia antitrombotica è generalmente sconsigliata.
Per quanto riguarda il rischio cardiovascolare, la letteratura è ampiamente concorde sulla opportunità di sospendere l’ASA 7-10 giorni prima dell’intervento se utilizzato in prevenzione primaria, ovvero in pazienti che non hanno mai subito un evento cardiovascolare [Figura 1].
Nei pazienti in prevenzione secondaria, al contrario, si consiglia di continuare la terapia antiaggregante con ASA, tranne che negli interventi a rischio emorragico molto elevato [Figura 1].
Se considerassimo in prevenzione secondaria solo i pazienti che hanno subito un evento cardiovascolare (ictus, infarto, sindrome coronarica acuta), dovremmo ritenere che Carlo sia in prevenzione primaria e che, pertanto, possa tranquillamente sospendere la terapia antiaggregante anche se l’intervento programmato è a basso rischio emorragico.
Dobbiamo però considerare che Carlo ha già una vasculopatia aterosclerotica documentata ed è comunque da considerare ad alto rischio cardiovascolare, essendo diabetico e affetto da insufficienza renale cronica. Secondo le attuali linee guida e la stessa nota AIFA 13, i pazienti con queste caratteristiche sono da considerare a rischio molto alto e sono assimilabili ai pazienti che hanno già subito un evento cardiovascolare per cui la sospensione è da considerarsi particolarmente rischiosa, in quanto associata ad un rischio triplicato di eventi cardiovascolari.
Nei pazienti a basso rischio cardiovascolare, nei quali per la presenza di un rischio emorragico elevato, si decida la sospensione della terapia antiaggregante, il farmaco deve essere sospeso 7-10 giorni prima dell’intervento, perché il blocco piastrino determinato dall’ASA è irreversibile e pertanto è necessario un congruo periodo di sospensione per recuperare un livello sufficiente di attività piastrinica.
Una opzione alternativa consiste nel sospendere l’ASA e sostituirlo con una terapia “ponte” con eparina a basso peso molecolare, che può essere sospesa il giorno precedente l’intervento. Questa procedura, largamente adottata nei pazienti sottoposti a terapia anticoagulante con anti-vitamina k, è attualmente oggetto di revisione critica. Nel caso dei pazienti in terapia antiaggregante con ASA bisogna considerare che l’eparina è un anti-coagulante con una attività anti-piastrinica limitata, per cui il suo utilizzo sembra essere del tutto non appropriato.
Infine, una considerazione sull’utilizzo della terapia antiaggregante nel caso di Carlo. Il trattamento con ASA in prevenzione primaria è oggetto di valutazioni non univoche ma vi è un diffuso consenso sulla sua utilità nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare come Carlo. Inoltre, la presenza di malattia ateromasica conclamata o di rischio cardiovascolare elevato, rientrano nelle indicazioni ufficiali del farmaco e le recenti linee guida europee sulle vasculopatie periferiche confermano questa impostazione raccomandando l’utilizzo dell’ASA nei soggetti con aterosclerosi carotidea o con vasculopatia sintomatica degli arti inferiori.
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Personalmente non sospenderei la terapia antiagregante.
Neanche se il paziente fosse in trattamento con DAPT ad es asa e ticagrelor.
Il profilo di gestione dell’emostasi chirurgica, puo’ eseere gestito oggi con ampi margini di sicurezza in questi pazienti.
La patologia arteriopatica polidistrettuale conclamata e sintomatica,deve avere precedenza di tutela,sotto il profilo del rischio sistemico.
Sono d’accordo con la risposta del primo collega. Anche le linee guida non sono la verità assoluta ed infallibile. Del resto un vestito fatto su misura da un buon sarto è sempre meglio rispetto ad uno confezionato.
DUE COSE NON FANNO PIU’ NEPPURE NEL BURRUNDI ,PRESCRIVERE IL CORDARONE IN CRONICO O I PONTI DI EPARINA.CONDIVIDO LA FRASE CATTIVISSIMA DI UN NOTO ARITMOLOGO MIO AMICO.COMBATTIAMO I CORDARONIZZATORI SERIALI AMBEDUE..ASA NEL CASO IN ESAME NON SI SOSPENDE ,SEPPUR IN PREVENZIONE SECONDARIA,ALTO PROFILO DI RISCHIO CV GLOBALE,BASSO RISCHIO EMORAGGICO.
paziente fibrillante con elevato CHADSVasc deve essere trattato con anticoagulante orale (coumadin per la IRC) e sospendere l’ASA su cui peraltro non vi è accordo unanime nell’impiego in prevenzione primaria. L’intervento a basso rischio emorragico non richiede la sospensione del Warfarin se INR è a target
per l’ASA è sicuramente consigliata in diabetico in prevenzione secondaria, non più in prevenzione primaria. In precedenza in presenza di D.M. età > ai 40 e presenza di almeno un fattore di rischio CV era indicato l’uos dell’ASA; oggi sempre più concreta l’indicazione in prevenzione secondaria soltanto.
Doppia perplessità nell’uso della glimepiride in paziente diabetico con IRC con clearance < a 45. Oggi si dispone di ipoglicemizzanti molto più sicuri delle sulfaniluree che vanno considerati ipoglicemizzanti da utilizzare solo in terza istanza( oltre alla metformina) in pazienti diabetici selezionati. Sicuramente in questo paziente per il"molto alto rischio CV" la sulfanilurea non è da considerare fra le strategie terapeutiche e sicuramente si dovrà monitorare con attenzione la funzione renale durante l'utilizzo della metformina
Secondo il mio parere essendo un piccolo intervento chirurgico eseguito sicuramente in anestesia locale non sospenderei l’asta.Mi meraviglia piuttosto,in tema di rischio, c’è il paziente prenda l’amiodarone ,farmaco ormai usato in pochi e selezionati casi, noto per i sui effetti collaterali no solo tiroidei ma soprattutto sul polmone essendo lui bpco severa e forse ancora fumatore.