Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Giu 29, 2018 Augusto Zaninelli Casi clinici, FOCUS ON TVP, Trombosi venosa profonda - Embolia polmonare CC 3
Francesca è una segretaria di direzione di quarantatré anni, che circa un anno fa è stata ricoverata in ospedale per una trombosi venosa profonda all’arto inferiore sinistro. Da allora è stata dimessa con una terapia anticoagulante orale, con l’impegno ad essere rivalutata dopo sei o sette mesi. La paziente invece, per gli impegni di lavoro, non ha più seguito questo consiglio e, pur continuando ad effettuare il controllo dei valori di INR almeno una volta al mese, ha aspettato questo periodo per recarsi dallo specialista al fine di rivalutare la terapia anticoagulante orale.
Dalla storia clinica si evince che Francesca è in terapia con warfarin da 13 mesi dopo una precedente trombosi venosa profonda, ha avuto all’età di 25 anni una emorragia post partum, dopodiché ha sempre presentato ipermenorrea. Non sta facendo una terapia estroprogestinica e nella anamnesi familiare, il fratello ha avuto una trombosi venosa profonda idiopatica.
Dalla anamnesi patologica remota, poi, si evince che Francesca ha avuto una positività nello screening del sangue occulto nelle feci da ascriversi probabilmente ad un sanguinamento minore del tratto gastroenterico superiore, mentre non sono presenti ipertensione arteriosa, episodi di ischemia acuta al di sotto dei 35 anni, dispnea, neoplasie, insufficienza renale, insufficienza epatica e fumo di sigaretta. Al contrario invece, non vi è un dato recente sicuro a proposito della possibile presenza di anemia.
Il primo commento che si può fare da questi dati iniziali anamnestici e che il prolungamento della terapia anticoagulante orale con warfarin appare non corretto, in quanto secondo le linee guida dell’American College of Chest Physicians del 2015, in questa tipologia di pazienti caratterizzati da una trombosi venosa idiopatica, la durata del trattamento anticoagulante orale dovrebbe essere di tre mesi da linee guida, in considerazione dello stato di ricanalizzazione delle vene interessate (Figura 1 e Figura 2).
A questo punto Francesca, viene sottoposta ad un esame eco-color-doppler venoso degli arti inferiori. che evidenzia una completa ricanalizzazione delle vene, senza masse post-trombotiche e nemmeno reflusso, decretando quindi una completa guarigione della trombosi venosa profonda. La paziente viene anche invitata a eseguire un prelievo di sangue, per la valutazione dell’emocromo, che evidenzia la presenza di una anemia con 11 gr di emoglobina e 37% di ematocrito.
In considerazione, poi, dell’evento idiopatico avuto dalla paziente e anche della anamnesi familiare positiva, per quanto riguarda l’analogo episodio successo al fratello, è indicato un approfondimento diagnostico con l’effettuazione di test che devono evidenziare o meno la presenza di una predisposizione verso una forma congenita di trombofilia in particolare: la ricerca della mutazione del Fattore V di Leiden, della mutazione del Fattore II protrombina, una riduzione della proteina C e/o della proteina S, dell’antitrombina III e la ricerca degli anticorpi antifosfolipidi.
Non appare, invece, razionale in questo caso la ricerca della mutazione della variante T dell’enzima metilenetetraidrofolato reduttasi (MTHFR), che pur associandosi ad uno moderato incremento dell’omocisteina non è indicata in questo caso. Anche la ricerca di eventuali livelli elevati di Fattore VII potrebbe essere fuorviante in questo caso, in quanto responsabile di non più del 16% di tutti gli eventi trombotici venosi.
I test genetici, quindi, precedentemente descritti danno come esito una mutazione del Fattore V di Leiden, in una forma comunque eterozigote e quindi con una influenza parziale nella genesi della trombosi venosa profonda idiopatica della paziente.
In una analisi globale del rischio di recidiva, fra i gradi di basso, incerto, alto e molto alto, la Paziente si colloca nel complesso, al terzo livello cioè ad un rischio alto di avere una recidiva di trombosi venosa profonda con conseguente alto rischio di avere una embolia polmonare.
Nella valutazione, però, complessiva della paziente prima di proporre una terapia, il medico deve considerare anche il rischio di sanguinamento e, alla luce della storia clinica della paziente, della sua polimenorrea ed ipermenorrea, può valutare come “moderato” tale il rischio.
In conclusione, questo caso, porta, pertanto, a due considerazioni: la prima è che da un lato le condizioni cliniche generali consigliano di effettuare una terapia di prevenzione per la recidiva di trombosi venosa idiopatica e la seconda, che occorre prudenza nello scegliere un trattamento che abbia un elevato profilo di sicurezza per quanto concerne il rischio di sanguinamento.
In primo luogo, va sospesa la terapia anticoagulante orale con il warfarin.
Dai dati della letteratura e dai risultati dello studio SURVET, il sulodexide appare sicuramente l’opzione migliore per questa tipologia dei pazienti, con una riduzione almeno del 50% del rischio di recidiva di trombosi venosa profonda, senza alcun aumento del rischio di sanguinamento. Questa soluzione terapeutica è sicuramente più vantaggiosa di non scegliere alcuna cura, oppure di scegliere gli anticoagulanti diretti i quali hanno una sicura efficacia nei confronti di rischio di recidive, ma con un rischio di sanguinamento inaccettabile per questa paziente e per i suoi sanguinamenti periodici mestruali. Anche l’aspirina potrebbe avere indicazione ma i suoi risultati sulla riduzione del rischio trombotico venoso non superano il 30%, con un rischio di sanguinamento decisamente aumentato. Da questo punto di vista e quindi il sulodexide sembra essere la soluzione migliore.
Diagramma di Vienna
DASH score
Tabella del rischio
Questo contenuto è riservato agli utenti registrati appartenenti al settore sanitario: si prega di accedere utilizzando il form sottostante, oppure di compilare il form di registrazione. Dopo la registrazione, oltre ad avere accesso a tutti i contenuti del portale, riceverai aggiornamenti utili alla pratica clinica. Se non si ricordano i dati di accesso, cliccare qui
Professore di Medicina Generale Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Frenze Specialista in Medicina Interna Specialista in Cardiologia European Hypertension Specialist
Feb 15, 2019 Commenti disabilitati su Aldo, il caso clinico di un super atleta a rischio TVP e emorragico
Gen 17, 2019 Commenti disabilitati su Quanto conosci l’azione di sulodexide?
Gen 14, 2019 Commenti disabilitati su Maura, una paziente anziana fragile affetta da trombosi venosa profonda
Nov 29, 2018 Commenti disabilitati su SULODEXIDE: FARMACOLOGIA CLINICA
Feb 04, 2019 1
Nov 03, 2018 Commenti disabilitati su Rischio residuo di tromboembolismo venoso ed embolia polmonare, quali i suggerimenti?
Set 28, 2018 2
Ago 29, 2018 4