Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Lug 02, 2018 Gaetano D'Ambrosio Linee guida, Linee guida Ipertensione arteriosa, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Ipertensione Commenti disabilitati su Misurare correttamente la pressione arteriosa. Nuove linee guida
Misurare in modo corretto la pressione arteriosa è condizione necessaria per diagnosticare e gestire efficacemente l’ipertensione. Tuttavia, la misura routinaria effettuata in ambulatorio si rivela frequentemente poco accurata a causa di una errata tecnica di esecuzione o per i noti fenomeni dell’ipertensione da camice bianco o dell’ipertensione mascherata.
Gli errori di esecuzione e le discrepanze che spesso si riscontrano tra i valori pressori misurati in ambulatorio e quelli reali possono causare il mancato riconoscimento di uno stato ipertensivo o, al contrario, il sovra-trattamento di molti pazienti.
Per questi motivi le ultime linee guida sottolineano la necessità di adottare una tecnica di misurazione accurata e di confrontare i valori ottenuti in ambulatorio con la registrazione di valori pressori ottenuti al di fuori dell’ambiente medico mediante monitoraggio pressorio ambulatoriale (ABPM: ambulatory blood pressure monitoring), detto anche “Holter pressorio” o automonitoraggio domiciliare (HBPM: home blood pressure measurement) eseguito dallo stesso paziente.
Infine, per ridurre il fenomeno della reazione di allarme, le linee guida consigliano di eseguire una misura automatica, effettuata in assenza del personale sanitario, con un apparecchio validato e mediando il risultato di 3-5 misurazioni (AOBP: automated office blood pressure monitoring).
Per verificare la fattibilità di questo approccio diagnostico nella pratica quotidiana, in un contesto non sperimentale, è stato condotto uno studio pragmatico, prospettico, osservazionale che ha coinvolto un ambulatorio di cure primarie collocato in un contesto universitario negli Stati Uniti.
Il protocollo operativo prevedeva di arruolare pazienti non ipertesi o con pregressa diagnosi di ipertensione in trattamento per i quali un rilevamento pressorio occasionale eseguito in ambulatorio aveva dato valori ≥ 140/90 mmHg. Erano esclusi i pazienti noti per scarsa aderenza, depressione severa, malattia cardiovascolare instabile, insufficienza renale grave o valori pressori ≥ 200/120 mmHg.
I pazienti reclutati erano sottoposti a AOBP e, se questa dava valori ≥135/85 mmHg venivano invitati ad eseguire un monitoraggio domiciliare eseguito registrando per cinque giorni consecutivi due o tre valori pressori prima di colazione e cena. La media delle misurazioni eseguite poteva essere comunicata agli operatori sanitari personalmente, per telefono o inserita direttamente nella cartella clinica elettronica per mezzo di un sistema di messaggistica sicuro. I pazienti hanno ricevuto una istruzione individuale su come eseguire correttamente l’automisurazione, corredata da una guida cartacea e da un filmato on-line.
Infine a pazienti e operatori sanitari è stato sottoposto un questionario per verificare il gradimento dell’esperienza e la volontà di continuare ad utilizzare la metodica proposta anche dopo il termine del progetto di ricerca.
Nell’articolo, pubblicato sul Journal of the american board of family medicine, sono riportati i risultati relativi a 183 pazienti (età media 59.7 anni, 56% maschi, 90% bianchi) dei quali, però, 90 hanno seguito il protocollo previsto e sono entrati nello studio dopo il riscontro di valori pressori ≥135/85 mmHg all’AOPB, gli altri sono stati reclutati in maniera più convenzionale, dopo un controllo standard con valori pressori ≥ 140/90 mmHg.
I risultati dell’esperienza sono rappresentati nella figura separatamente per i pazienti con e senza pregressa diagnosi di iperensione.
Tra i primi, 29/84 (35%) hanno riportato valori normali al monitoraggio domiciliare e pertanto sono stati considerati affetti da ipertensione da camice bianco. In 45/84 (54%) soggetti, invece, la diagnosi di ipertensione è stata confermata dal riscontro di valori pressori elevati anche all’HBPM e pertanto sono stati avviati alla terapia.
Tra i pazienti ipertesi, in 53/99 (54%) l’HBPM ha confermato i valori elevati per cui è stato necessario incrementare la terapia. Al contrario, 37/99 (37%) pazienti sono risultati ben controllati al monitoraggio domiciliare, pertanto i valori elevati riscontrati in ambulatorio sono stati ritenuti espressione di una reazione di allarme e si è potuto evitare un inopportuno rinforzo della terapia farmacologica.
Complessivamente, la strategia di effettuare una verifica dei valori pressori con metodica standardizzata in un contesto non sanitario ha consentito di individuare oltre un terzo (66/183) dei pazienti che sarebbero stati erroneamente classificati come ipertesi di nuova diagnosi o come ipertesi non controllati dalla terapia ed avviati ad un intervento farmacologico non necessario.
I risultati del questionario hanno riportato un generale gradimento dell’esperienza da parte degli operatori sanitari che, nel 68% dei casi, hanno condiviso l’affermazione che il programma ha influenzato positivamente la gestione dei pazienti ipertesi. Nella tabella sono riportati i tempi medi di esecuzione delle varie fasi del progetto.
Il tasso di risposte dei pazienti è stato inferiore al 50%. La maggior parte dei rispondenti hanno dichiarato che le istruzioni ricevute erano chiare e facilmente applicabili, che la misura domiciliare della PA aveva richiesto meno di 15 minuti al giorno e che la partecipazione al progetto li aveva fatti sentire maggiormente coinvolti nel processo di cura. Tuttavia circa un quarto dei rispondenti ha dichiarato che non avrebbe continuato a eseguire il monitoraggio domiciliare dopo il termine del progetto. Una parte del questionario verificava la tecnica di esecuzione documentando che, nonostante l’addestramento ricevuto, molti pazienti continuavano a commettere errori nella esecuzione delle misure.
I risultati di questo studio sono molto interessanti perché documentano la fattibilità, i vantaggi ed i limiti della implementazione della tecnica AOPB/HBPM in un contesto non sperimentale di pratica clinica routinaria. Certamente il protocollo non è applicabile in tutti i pazienti, tuttavia appare sempre più evidente che la singola misurazione effettuata in ambulatorio dal personale sanitario tende a sovrastimare i valori pressori e può essere causa di apparente resistenza alla terapia. Questo fenomeno diviene particolarmente importante in presenza di target pressori sempre più ambizioni suggeriti dalle linee guida.
Fonte: Measuring and Managing Blood Pressure in a Primary Care Setting: A Pragmatic Implementation Study. J Am Board Fam Med 2018;31:375–388
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