Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Lug 28, 2018 Augusto Zaninelli Farmaci, Farmaci Ictus -Tia, Farmaci Prevenzione secondaria, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Ictus Tia, Novità Prevenzione Secondaria 2
Augusto Zaninelli
The System Academy, Firenze
Sempre maggiormente, si pone, negli ultimi tempi, l’attenzione al ruolo dell’Aspirina nella prevenzione primaria e in quella oncologica. Non va dimenticato, però, che i dati più robusti della letteratura, si attestano sul ruolo di questo farmaco nella prevenzione secondaria, sia degli eventi coronarici, sia di quelli vascolari cerebrali (1) e proprio su questi ultimi si riferisce questo articolo.
L’impiego dell’ASA nella prevenzione cerebrovascolare
Una vera e propria rivoluzione nell’impiego tradizionale di ASA è stata lo sviluppo e l’utilizzo del basso dosaggio, soprattutto in prevenzione secondaria nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica o malattia cerebrovascolare, che si associa ad una consistente e significativa riduzione della mortalità e della ricorrenza di eventi aterotrombotici maggiori (2,3), a fronte di un accettabile rischio emorragico, soprattutto non fatale, correlato alla sua assunzione.
L‘Antiplatelet Trialists’ Collaboration ha provveduto a una prima metanalisi, pubblicata nel 1988 (4), di tutti gli studi condotti con antiaggreganti piastrinici (ASA, sulfinpirazone, dipiridamolo) in pazienti con TIA, ictus, angina instabile o infarto del miocardio. Questa metanalisi – che ha raccolto i risultati di 25 studi per un totale di circa 29·000 pazienti – ha mostrato una riduzione del 25% di eventi vascolari (ictus, infarto miocardico, morte da cause vascolari) e del 15% di morti per causa vascolare in favore della terapia antiaggregante, qualunque farmaco fosse considerato e qualunque delle quattro patologie citate fosse stata alla base dell’inclusione nello studio. In particolare, è stata evidenziata una riduzione del 27% del rischio di ictus non fatale. In termini assoluti, la terapia antiaggregante consente di evitare 10 morti per causa vascolare e 20 eventi vascolari non fatali ogni 1·000 pazienti trattati per un periodo di circa due anni dimostrando come, nella prevenzione secondaria degli eventi ischemici, sia necessario trattare 100 pazienti a rischio per evitare una morte o 2 eventi vascolari.
Un’altra metanalisi questa volta dell’Antithrombotic Trialist’s Collaboration, che riguardava 287 studi, ha confermato l’efficacia degli antiaggreganti piastrinici per la prevenzione di eventi vascolari gravi (morte vascolare, infarto miocardico e ictus non fatali) pur registrando un lieve calo della percentuale essendo del 22% in confronto al 27% della metanalisi del 1988. La prevenzione dell’ictus non-fatale, nella terapia a lungo termine, ha evidenziato una riduzione del 25%, valida per pazienti ad alto rischio per la malattia delle arterie in qualsiasi distretto (5). La revisione confermava la maggiore efficacia delle dosi di ASA tra 325 e 75 mg al giorno e considerava non ancora convincenti le dosi inferiori a 75 mg.
Harrison e coll. hanno condotto uno studio in cui è stata dimostrata l’efficacia dell’ASA nella prevenzione secondaria dell’amaurosi fugace (6). Partendo dal presupposto dell’esistenza di un meccanismo patogenetico comune fra l’occlusione dell’arteria retinica – causa dell’amaurosi fugace – e quella dei vasi del collo o intracranici nell’ischemia cerebrale, questa dimostrazione ha gettato le basi per successivi studi atti a valutare l’efficacia degli antiaggreganti piastrinici nella prevenzione secondaria dell’ictus ischemico.
Il primo studio volto a dimostrare l’efficacia della terapia antiaggregante nella profilassi degli eventi ischemici cerebrali è stato condotto dal Canadian Cooperative Study Group (7). Sono stati coinvolti 585 pazienti con pregresso TIA o minor stroke nel territorio carotideo o vertebro-basilare trattati con ASA, sulfinpirazone, l’associazione dei due principi attivi oppure placebo. Lo studio ha dimostrato una riduzione del 31% del rischio relativo dell’endpoint cumulato ictus e morte per qualsiasi causa nel gruppo trattato solo con ASA rispetto al gruppo trattato solo con placebo (pari a una riduzione assoluta del 3,6%: 21,6% nel gruppo placebo, 18,0% nel gruppo in terapia con ASA; NNT=28). La riduzione del rischio tuttavia è risultata significativa solo nei maschi; tale dato è stato successivamente spiegato come una conseguenza della ridotta potenza statistica dell’analisi del sottogruppo delle donne.
Una review di Barnett e coll. (8) riporta molti altri studi condotti successivamente con diversi farmaci antiaggreganti, ma principalmente con ASA, su un totale di circa 14·000 pazienti con TIA o minor stroke di origine non cardiaca. Questi studi hanno confermato l’efficacia dell’ASA nella prevenzione secondaria dell’ictus cerebrale.
La scelta del dosaggio
La scelta dell’endpoint (ictus o morte, o ictus da solo vs eventi vascolari combinati) sembra cruciale per la valutazione dell’efficacia delle varie dosi di ASA nelle diverse analisi. Una metanalisi selettiva (9) che ha considerato esclusivamente 10 studi controllati nei quali è stato impiegato solo ASA a dosaggi differenti (<100 mg, 300-325 mg e >900 mg) su un totale di 6,171 pazienti con TIA o ictus non invalidante, ha evidenziato che la riduzione del rischio relativo di eventi combinati, quali morte per causa vascolare, ictus e infarto miocardico, non è significativamente diversa per le dosi basse, medie o alte di ASA (13%, 9%, e 14% rispettivamente, riduzione assoluta del 2,9% nel gruppo trattato con ASA, rispetto al placebo: 23,2% nel gruppo trattato con placebo vs 20,3% nel gruppo in terapia con ASA; NNT=34).
Un’altra metanalisi, invece, in cui sono stati considerati solo gli studi che avevano come endpoint l’ictus o la morte, ha mostrato che per dosi superiori a 900 mg è possibile ottenere una più consistente riduzione del rischio (dal 25% al 42% su un totale di 7 studi; NNT=6) (10). Tuttavia, né la metanalisi condotta dall’Antithrombotic Trialists’ Collaboration, né le osservazioni di Barnett e coll., hanno dimostrato con chiarezza una differenza significativa fra le alte e le basse dosi di ASA nella prevenzione secondaria dell’ictus. Pertanto, in considerazione della relativa minore incidenza di effetti collaterali e della migliore compliance, la dose più utilizzata dai medici americani è quella di 325 mg (10) In Italia, invece, la tendenza prevalente – con la quale il gruppo che ha redatto le linee guida ufficiali di prevenzione e trattamento dell’ictus cerebrale – è più prossima all’approccio olandese e svedese e prevede per la prevenzione secondaria a lungo termine l’impiego di 100 mg/die.
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Bibliografia
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Professore di Medicina Generale Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Frenze Specialista in Medicina Interna Specialista in Cardiologia European Hypertension Specialist
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