Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Dic 10, 2018 Augusto Zaninelli Farmaci, Farmaci Prevenzione primaria, Farmaci Prevenzione secondaria, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria, Novità Prevenzione Secondaria Commenti disabilitati su Epidemiologia delle malattie cardio e cerebrovascolari e meccanismi d’azione dell’acido acetilsalicilico
The System Academy, Firenze
In Italia, le malattie cardiovascolari costituiscono ancora oggi uno dei più importanti problemi di salute pubblica: esse sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Rientrano in questo gruppo le più frequenti patologie di origine arteriosclerotica, in particolare le malattie ischemiche del cuore (sindrome coronarica acuta, infarto del miocardio ed angina pectoris) e le malattie cerebrovascolari (ictus ischemico ed emorragico). Chi sopravvive ad una forma acuta diventa un malato cronico con notevoli ripercussioni sulla qualità della vita e sui costi economici e sociali che la società deve affrontare. Le patologie cardio e cerebrovascolari, poi, sono fra i maggiori determinanti delle malattie legate all’invecchiamento, in particolare disabilità fisica e disturbi della capacità cognitiva. Non è facile avere un quadro epidemiologico completo ed affidabile di questa patologia nel suo complesso. Per una valutazione del suo impatto, è infatti necessario stimare non solo la quota di eventi acuti (sindromi coronariche acute, infarto acuto del miocardio e ictus cerebrale) ricoverati in ospedale, ma anche i deceduti di morte improvvisa, che non riescono a raggiungere l’ospedale (2,3) e l’altrettanto importante quota, in termini di salute pubblica, composta da coloro che soffrono di una condizione cronica non necessariamente ospedalizzata. Questi ultimi casi sono identificati solo attraverso indagini specifiche (4). Inoltre, per valutare la salute delle comunità, è necessario stimare i valori medi dei fattori dirischio e le prevalenze delle condizioni a rischio con indagini ad hoc.
Un dato importante è che in poco più di 30 anni la mortalità totale si è più che dimezzata (il tasso standardizzato di mortalità totale si è ridotto del 51% tra il 1980 e il 2013) e il contributo delle malattie cardio e cerebrovascolari è stato quello che più ha influito sul trend in discesa della mortalità. Nello stesso periodo la mortalità per malattie ischemiche del cuore si è ridotta del 63% e quella delle malattiecerebrovascolari del 70%.
Nonostante questo, le malattie del sistema circolatorio rimangono ancora patologie molto frequenti e sono fra le maggiori cause di morte prematura e invalidità permanente nellapopolazione italiana: nel 2013 (ultimo dato ISTAT disponibile) tale mortalità rappresentavail 37% della mortalità generale (41% nelle donne e 34% negli uomini), quella per malattieischemiche del cuore era il 12% (11% nelle donne e 13% negli uomini), la mortalità per malattiecerebrovascolari il 10% (11% nelle donne e 8% negli uomini)(5).
Dalla mole di dati raccolti in questi anni attraverso le coorti di popolazione seguite longitudinalmente che hanno dato luogo alla predizione del rischio italiano, è stato possibile spiegare per la popolazione italiana di età 25-84 anni, quanta parte della riduzione degli eventi fatali di cardiopatia coronarica registrata nei 20 anni tra il 1980 ed il 2000 fosse da attribuire alle azioni di prevenzione primaria sui fattori di rischio nella popolazione, basate principalmente sugli stili divita (alimentazione, attività fisica, abitudine al fumo), e quanta parte fosse dovuta al complessivo utilizzo dei farmaci e dei trattamenti chirurgici (by-pass aorto-coronarico e angioplastica) in fase acuta, in prevenzione primaria e secondaria. In particolare, a fronte di 42.927 decessi in meno registrati tra il 1980 ed il 2000 per malattia coronarica, ben il 58% è stato attribuito ai benefici derivati dalla riduzione dei principali fattori di rischio nella popolazione, effetto ridotto di un 3% dovuto all’incremento del diabete e dell’obesità, mentre il 40% è derivato dai benefici ottenuti dal complesso dei trattamenti farmacologici e chirurgici (6) (Figura 1).
Figura 1
Questi risultati enfatizzano l’importanza di una strategia complessiva che da un lato promuova attivamente un’azione di prevenzione primaria di popolazione sulle malattie cardiovascolari, perseguendo la riduzione dei principali fattori di rischio attraverso l’adozione di stili di vita adeguati, e dall’altra incrementando l’attenzione alla prescrizione e all’aderenza ai trattamenti farmacologici efficaci, tra cui l’ASA.
Meccanismi d’azione dell’ASA
L’ASA ha un diverso meccanismo di inibizione dell’attività ciclossigenasica (COX-2) rispetto agli altri FANS. Mentre questi, agiscono per lo più come inibitori reversibili dell’enzima, attraverso un meccanismo di competizione con l’acido arachidonico (AA) per il legame a un comune sito di ancoraggio all’interno del canale dellaCOX-2, l’ASA inattiva permanentemente la COX-2 attraverso un processo di acetilazione di una serina situata in vicinanza del sito catalitico dell’enzima (7). Pertanto, mentre la durata dell’effetto inibitorio dei FANS è strettamente legata alla presenza del farmaco in circolo e quindi alla sua emivita, la durata dell’effetto inibitorio dell’ASA dipende dalla velocità dide novo sintesi dell’enzima da parte delle cellule bersaglio, dopo la rapida scomparsa (emivita:circa 20 minuti) del farmaco dal circolo (8).
Anche l’inibizione della funzione piastrinica trombossano (TXA2)-dipendente è un effetto farmacologico dell’ASA condiviso dalla maggior parte dei FANS tradizionali, ma non dai coxib.
Queste peculiarità si traducono nelle seguenti caratteristiche distintive della inibizione dellasintesi piastrinica di TXA2 da parte dell’ASA:
1) la natura cumulativa dell’inibizione in seguito a somministrazioni giornaliere ripetute, dovuta alla incapacità delle piastrine di risintetizzare la COX-1 acetilata dall’ASA durante l’intervallo posologico di 24 ore;
2) la relativa selettività dell’inibizione della COX-1 piastrinica ad opera di basse dosi di aspirina (75-100 mg/die), con sostanziale risparmio della COX-2 vascolare (la principale fonte diPGI2 nell’uomo), dovuta all’acetilazione pre-sistemica (nel sangue portale, prima del primo passaggio epatico che de-acetila circa il 50% dell’ASA assorbita) della COX-1 piastrinica e all’intervallo posologico di 24 ore, che consente de novo sintesi di COX-2 nelle cellule endoteliali dei vasi e in altri tipi cellulari renali, limitando l’entità e la durata di effetti extrapiastrinici indesiderati;
3) la saturabilità dell’inibizione della COX-1 piastrinica a dosi giornaliere molto basse (30-40mg) (9).
Nel corso degli ultimi 10 anni, poi, è stato caratterizzato un effetto chemiopreventivo dell’ASA nei confronti del cancro colo-rettale (10). Il meccanismo d’azione alla base di questo effetto rimane tuttavia controverso e largamente ipotetico (11).
La dimostrazione di una chemio prevenzione associata a dosi antipiastriniche (75-100 mg) di aspirina in mono-somministrazione giornaliera e la saturabilità dell’effetto a basse dosi (12) hanno fatto ipotizzare un coinvolgimento primario dell’inibizione della COX-1 piastrinica, cui seguirebbe una ridotta espressione di COX-2 nella sede di lesioni della mucosa intestinale (13) (Figura 2).
Figura 2
Bibliografia
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Professore di Medicina Generale Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Frenze Specialista in Medicina Interna Specialista in Cardiologia European Hypertension Specialist
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