Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Dic 29, 2018 Gaetano D'Ambrosio News, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria, Uncategorized 0
La quantità del sonno è associata alla mortalità e al rischio di eventi cardiovascolari. Dormire meno di sei ore o più di otto ore espone ad un rischio maggiore. La “siesta” diurna aumenta il rischio tranne nei soggetti caratterizzati da una scarsa quantità di sonno notturno nei quali sembra esercitare un ruolo di compenso.
Sono questi i risultati di un largo studio di coorte che ha coinvolto più di 100.000 soggetti in oltre 21 paesi caratterizzati da differenti condizioni socioeconomiche e da diverse abitudini riguardo la “siesta” diurna.
La durata del sonno è stata valutata chiedendo ai partecipanti l’ora alla quale abitualmente vanno a letto alla sera e si levano al mattino e se fanno abitualmente la “siesta” e, in caso affermativo, di quale durata.
L’outcome primario dello studio è rappresentato dalla mortalità per tutte le cause e dall’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori (eventi fatali, infarto, ictus e scompenso non fatali), considerati insieme e separatamente.
Durante un follow-up della durata mediana di 7.8 anni si sono verificati 4381 decessi e 4365 eventi cardiovascolari maggiori. Il rischio è stato valutato eseguendo un aggiustamento statistico per tenere conto di molteplici potenziali confondenti: età, sesso, livello di istruzione, abitudine al fumo e all’alcol, residenza rurale o urbana, anamnesi familiare di malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione, broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattia depressiva e centro sperimentale.
I principali risultati sono rappresentati graficamente nella figura.
Il rischio cardiovascolare meno elevato si è osservato nei soggetti che dichiaravano una durata del sonno compresa tra 6 e 8 ore ed è stato considerato come valore di riferimento. Rischi più elevati si sono riscontrati nei soggetti con una durata del sonno inferiore alle 6 ore o superiore alle 8 ore configurandosi una relazione “tipo J” tra durata del sonno e rischio cardiovascolare.
Analoghi risultati si sono evidenziati considerando separatamente le regioni nelle quali è frequente l’abitudine del sonnellino diurno (Medio oriente, Cina, Sud-Est asiatico, Sud-America) e quella in cui questa abitudine è poco comune (Nord America, Europa, Sud Asiatico, Africa).
Infine, valutando separatamente la durata del sonno notturno e quella del sonno diurno si è osservato che l’abitudine della “siesta” aumenta il rischio nei soggetti che dormono abitualmente più di 6 ore durante la notte mentre tende a ridurlo nei soggetti che dormono meno di sei ore.
I meccanismi che legano la durata del sonno al rischio cardiovascolare non sono ben noti.
Nei soggetti che dormono poco sono state osservate alterazioni endocrine e metaboliche che possono favorire il diabete e l’obesità.
Al contrario, un eccesso di sonno notturno e diurno potrebbe essere un indicatore precoce di un cattivo stato di salute ed essere la spia di condizioni patologiche subcliniche in grado di condizionare futuri eventi cardiovascolari.
Il sonno, quindi, è un elemento importante dello stile di vita e per questo la sua durata e la distribuzione tra giorno e notte dovrebbero essere sempre indagate.
Fonte: Association of estimated sleep duration and naps with mortality and cardiovascular events: a study of 116 632 people from 21 countries Eur Heart J. 2018 Dec 5. doi: 10.1093/eurheartj/ehy695. [Epub ahead of print]
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