Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Gen 03, 2019 Gaetano D'Ambrosio Novità dalla ricerca, Novità Dislipidemie, Novità Homepage Commenti disabilitati su Efficacia della terapia ipocolesterolemizzante con statine e/o ezetimibe è significativamente condizionata sia dalla potenza dei farmaci utilizzati sia dalla aderenza del paziente
L’efficacia della terapia ipocolesterolemizzante con statine e/o ezetimibe è significativamente condizionata sia dalla potenza dei farmaci utilizzati sia dalla aderenza del paziente.
L’affermazione può apparire scontata, tuttavia i risultati di un ampio studio retrospettivo, effettuato sul database clinico delle cure primarie britanniche, sono interessanti perché consentono di quantificare questo rapporto.
Sono stati esaminati 29.787 pazienti avviati per la prima volta alla terapia ipocolesterolemizzante con statine e/o ezetimibe di cui 16.501 affetti da malattia cardiovascolare (MCV), 12.422 da diabete mellito tipo 2 (DM2) ma non da MCV e 674 affetti da insufficienza renale cronica (IRC) allo stadio 4 o 5 ma non da MCV.
Sono stati considerati complianti i pazienti per i quali le prescrizioni della terapia ipocolesterolemizzante coprivano almeno l’80% dei giorni.
L’intensità del trattamento è stata definita in funzione della potenza ipocolesterolemizzante della terapia adottata, espressa come riduzione percentuale attesa del colesterolo LDL: bassa (<30%), moderata (30%-50%), alta (≥ 50%).
I pazienti sono stati seguiti per sei anni per la valutazione dell’outcome primario composito rappresentato da uno dei seguenti eventi: morte cardiovascolare, ricovero per infarto miocardico, angina instabile, ictus ischemico, scompenso cardiaco o rivascolarizzazione miocardica.
L’efficacia della terapia è stata espressa come rischio relativo (Hazard Ratio) di incorrere nell’outcome primario dei pazienti trattati rispetto ai pazienti che non avevano ricevuto alcun trattamento ipocolesterolemizzante per almeno un anno.
Nella figura sono rappresentati i risultati relativi all’efficacia del trattamento nelle tre coorti di pazienti (con malattia cardiovascolare – MCV, diabete – DM2, insufficienza renale cronica – IRC), distinti in funzione della intensità della terapia (elevata, moderata, bassa) e della compliance del pazienti (complianti, non complianti).
Si può notare che i trattamenti con statine ad elevata intensità determinano, nei pazienti complianti, una riduzione del rischio circa doppia rispetto ai trattamenti a bassa intensità (-40% vs -22% nei pazienti con MCV) ma che tale beneficio è largamente vanificato nei non complianti rispetto ai complianti (-10% vs -40% nei pazienti con MCV in trattamento ad elevata intensità, -5% vs -22% nei pazienti con MCV in trattamento a bassa intensità). Risultati analoghi si ottengono nelle altre due coorti di pazienti (DM2 e IRC).
I risultati di questo studio, pertanto, confermano l’importanza di utilizzare interventi farmacologici ad elevata intensità quando è necessario ottenere una riduzione significativa del rischio cardiovascolare e, soprattutto, di attuare strategie finalizzate a sostenere l’aderenza dei pazienti al trattamento.
Fonte: Association of a Combined Measure of Adherence and Treatment Intensity With Cardiovascular Outcomes in Patients With Atherosclerosis or Other Cardiovascular Risk Factors Treated With Statins and/or Ezetimibe. JAMA Netw Open. 2018;1(8):e185554. doi:10.1001/jamanetworkopen.2018.5554
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