Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Gen 10, 2019 Augusto Zaninelli Farmaci, Farmaci diabete, Farmaci Prevenzione primaria, Novità dalla ricerca, Novità Diabete, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria 2
Augusto Zaninelli
The System Academy, Firenze
Il 26 agosto 2018, in contemporanea al Congresso Annuale della Società Europea di Cardiologia e sulla prestigiosa rivista internazionale New England Journal of Medicine, sono stati presentati i dati dello studio ASCEND, uno studio di prevenzione cardiovascolare in soggetti portatori di diabete mellito, nel quale si è valutato l’impatto sugli esiti dell’impiego di acido acetilsalicilico a 100 mg versus placebo (The ASCEND Study Collaborative Group: Effects of Aspirin for PrimaryPreventionin Persons with DiabetesMellitus. August 26,2018, at NEJM.org.DOI: 10.1056/NEJMoa1804988).
Lo studio è stato piuttosto sbrigativamente etichettato come negativo, in quanto l’eseguità del numero degli eventi manifestatisi nel corso del periodo di osservazione in entrambi i gruppi da un lato e la prevalenza di maggiori effetti collaterali a carico del gruppo che faceva aspirina, dall’altro hanno prodotto un giudizio di mancato obiettivo per quanto riguarda la valutazione del rischio/beneficio del trattamento.
Questo studio si inserisce nel sempre complicato problema della somministrazione di una terapia in prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari nella popolazione generale, anche se l’aver selezionato i soli soggetti diabetici, costituisce comunque la presenza di un fattore di rischio aggiuntivo, a volte anche di sensibile importanza.
Lo studio ha visto la partecipazione di 15.480 soggetti tutti con la presenza di diabete mellito, ma senza evidenza di malattia cardiovascolare in atto o pregressa e seguiti per un follow-up medio di 7,4 anni per la valutazione della comparsa di importanti eventi vascolari come l’infarto del miocardio, l’ictus, il TIA, o la morte per qualsiasi causa vascolare. Allo stesso tempo, altro obiettivo primario dichiarato era la valutazione di eventi emorragici maggiori come, per esempio, emorragie intracraniche, sanguinamento significativo corneale, sanguinamento del tratto gastro intestinale oppure altre condizioni di sanguinamento grave.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi assolutamente comparabili, uno dei quali assumeva acido acetilsalicilico 100 mg e l’altro invece il placebo. Durante il periodo di osservazione si è verificato una bassa percentuale di eventi cardiovascolari definiti secondo l’obiettivo primario in entrambi i gruppi, anche se c’è da dire che il gruppo che faceva aspirina ha avuto un numero significativamente minore di eventi rispetto al placebo (658 eventi [8.5%] vs. 743 [9.6%]; rate ratio, 0.88; 95% confidence interval [CI], 0.79 to 0.97;P = 0.01).
Tuttavia, un maggior numero di sanguinamenti importanti sono capitati comunque nel gruppo che faceva l’aspirina rispetto al gruppo placebo, anche qui in modo statisticamente significativo, anche se numericamente il numero degli eventi collaterali è stato meno della metà degli eventi cardiovascolari, confermando quindi all’interno del totale dei partecipanti una esigua comparsa anche di effetti collaterali (314 (4.1%) nel gruppo aspirina e 245 (3.2%) nel gruppo placebo, rate ratio1.29; 95% CI, 1.09 to 1.52; P = 0.003).
Gli autori del lavoro, quindi concludevano dicendo che l’aspirina previene la comparsa di eventi cardiovascolari nelle persone con diabete e senza evidenti malattie cardiache all’ingresso dello studio ma allo stesso modo produceva una maggiore sanguinamento, per cui il possibile beneficio legato alla comparsa di malattia veniva largamente controbilanciato dal rischio di sanguinamento.
Questo lavoro si presta a molti commenti e considerazioni.
Il primo commento che si deve fare e che rispetto ad una quindicina di anni fa quando, soprattutto negli Stati Uniti, si adduceva l’assioma che un paziente con diabete mellito poteva essere di fatto assimilato ad un paziente che aveva già avuto un infarto del miocardio, l’interpretazione del valore clinico del diabete e del livello di rischio ultimamente è decisamente cambiato. Infatti, grazie anche ai nuovi farmaci, a precoci individuazioni di situazioni di iper disglicemia e ad una maggiore consapevolezza della malattia diabetica della popolazione generale, non tutte le persone con diabete mellito possono essere classificate allo stesso livello di rischio cardiovascolare.
In particolare, analizzando la tipologia della popolazione arruolata nello studio ASCEND si nota come non più di un sesto di tutti i pazienti, sia del gruppo di trattamento, sia nel gruppo placebo, si potesse considerare a rischio elevato di sviluppare un evento cardiovascolare. A ciò si aggiunge un’altra doverosa considerazione legata al fatto che alcuni sottogruppi di pazienti diabetici hanno in passato dimostrato di avere delle alterazioni genetiche che riducono di molto la sensibilità all’acido acetil salicilico oppure, ribaltando il concetto, risultano resistenti all’azione antiaggregante piastrinica dell’aspirina.
Anche se gli autori di questo lavoro, nel commento della discussione, riferiscono di non aver notato fenomeni di resistenza al farmaco, in entrambi i gruppi, resta comunque il fatto che l’acido acetilsalicilico potrebbe, in pazienti diabetici non trovare, una completa indicazione.
In realtà, però, uno dei possibili commenti che va fatto è che molto probabilmente, pur essendo costituita da pazienti con diabete mellito, il rischio generale globale della popolazione coinvolta nello studio era tutto sommato moderato o al massimo intermedio e questo spiega comunque l’esiguo numero di eventi. Tuttavia, pur di fronte a percentuali di comparsa di infarto del miocardio, ictus o morte vascolare tutto sommato basse, la significatività statistica per cui nel gruppo con aspirina si sono verificati meno eventi, è in ogni caso da considerare, sottolineare e osservare con attenzione.
La comparsa di sanguinamento, ha presentato percentuali ancor più basse, circa la metà rispetto alle percentuali degli eventi ed è risultato, per quasi la metà dei pazienti, proveniente da emorragie del tratto gastro intestinale soprattutto delle alte vie. Percentuali minori si sono avute per il sanguimento congiuntivale, per sanguinamenti intracranici eemorragie provenienti da altri organi ed apparati come ematuria o epistassi. L’incidenza, tuttavia, di un sanguinamento fatale è stata uguale nei due gruppi, peraltro bassissima, iscrivendosi allo 0,2% di probabilità di comparsa sia per il gruppo con aspirina, sia per il gruppo con placebo, così come l’incidenza di ictus emorragico assestatasi allo 0,3% per entrambi i gruppi.
Le tabelle sottoriportate provengono dal lavoro originale: la prima mostra i vantaggi legati alla riduzione del rischio della comparsa del primo serio evento cardiovascolare e la seconda della comparsa invece degli effetti di collaterali emorragici.
Un commento a parte, invece, merita l’osservazione sull’obiettivo secondario che era quello di valutare una possibile riduzione del rischio di sviluppare una neoplasia per il gruppo con aspirina rispetto al placebo. Questo secondo obiettivo invece non è stato statisticamente raggiunto e non si sono presentate differenze nella percentuale di comparsa di neoplasie nei due gruppi, andando questo dato, un po’ incontrotendenza con quanto invece viene ultimamente attribuito alle proprietà dell’acido acetilsalicilico, anche in scheda tecnica.
Vi è da dire, però, che in tutti lavori di osservazione sulla prevenzione delle neoplasie l’aspirina ha cominciato a dare effetti protettivi dopo i primi cinque anni di trattamento e quindi forse la durata di 7,4 anni di questo studio potrebbe costituire un tempo non sufficiente per notare miglioramenti da questo punto di vista.
In conclusione, la definizione di studio negativo per la somministrazione di acido acetilsalicilico nei pazienti diabetici, in una forma di prevenzione per coloro che non hanno avuto evidenza di una malattia cardiovascolare manifesta, appare sicuramente un po’ frettoloso.
Dati positivi comunque emergono nello studio ASCEND e consentono di avere quindi una valutazione ulteriore nella considerazione della gestione del rischio globale del paziente diabetico, da parte del medico. È evidente che il medico deve valutare la bilancia fra l’efficacia di un farmaco ed il rischio che questi sviluppi effetti collaterali. Questa considerazione va rapportata alle caratteristiche del paziente in osservazione.
Come è noto, la medicina non è una scienza esatta è una scienza del possibile e del probabile e quindi definire a priori l’inutilità della somministrazione di acido acetilsalicilico in un paziente con diabete mellito, sulla scorta dei risultati dello studio ASCEND, diventa comunque una affermazione un po’ azzardata, in quanto la medicina è anche personalizzazione degli interventi e anche precisione delle nelle scelte terapeutiche. Inoltre, va considerato che non più del 20% dei pazienti in studio assumevano degli inibitori della pompa protonica, che invece hanno dimostrato avere effetti protettivi sul sanguinamento del tratto superiore gastroenterico in pazienti che assumono acido acetilsalicilico, non dimenticando che nel nostro Paese, rispetto al Regno Unito dove è stato condotto lo studio, molti più pazienti assumono inibitori della pompa protonica.
L’impiego quindi, di acido acetilsalicilico, nel complesso terapeutico del paziente con diabete mellito va considerato, tenendo conto del livello globale di rischio del paziente di sviluppare un evento cardiovascolare e del suo livello globale di sviluppare un sanguinamento o una emorragia.
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Professore di Medicina Generale Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Frenze Specialista in Medicina Interna Specialista in Cardiologia European Hypertension Specialist
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