Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Feb 05, 2019 Gaetano D'Ambrosio Linee guida, Linee guida Scompenso cardiaco, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Scompenso cardiaco Commenti disabilitati su Position paper dell’Heart Failure Association (ESC) sull’uso dei diuretici nello scompenso cardiaco acuto e cronico
La Heart Failure Association, componente della European Society of Cardiology, ha pubblicato un position paper sull’uso dei diuretici nello scompenso cardiaco acuto e cronico, basato sulla revisione della più recente letteratura scientifica e sull’opinione degli esperti.
I diuretici sono tra i farmaci più usati in tutte le fasi dello scompenso in quanto la maggior parte dei pazienti con scompenso cardiaco presenta sintomi di congestione. Nonostante ciò, la disponibilità solo di pochi studi prospettici, di piccole dimensioni, fa sì che l’utilizzo di questi farmaci presenti molte “aree grigie” di incertezza che lasciano molto spazio a possibili ricerche future.
Appare, quindi, quanto mai opportuna l’iniziativa della Società Europea di Cardiologia.
Il documento è molto ampio e articolato e copre tutti gli aspetti relativi all’utilizzo pratico dei diuretici nelle fasi acuta e cronica dello scompenso. Nell’impossibilità di farne una sintesi esauriente riportiamo brevemente alcuni punti che ci sono sembrati particolarmente interessanti.
Diagnosi di congestione
Il gold standard per diagnosticare la congestione nello scompenso cardiaco rimane il cateterismo cardiaco con la misura diretta della pressione in atrio destro e della pressione di incuneamento polmonare. Non esiste purtroppo un test non invasivo che da solo consenta di riconoscere e valutare con sufficiente accuratezza lo stato di congestione.
I sintomi e i segni fisici, presi singolarmente, hanno sensibilità e specificità sub-ottimali (Figura 1) e presentano una variabilità inter-osservatore non trascurabile.
La radiografia del torace può mostrare segni di congestione polmonare e di versamento pleurico ma nel 20% dei pazienti è del tutto normale.
La sua accuratezza diagnostica è inferiore a quella della ecografia del torace che, oltre all’eventuale versamento pleurico, può mostrare le linee B (Figura 2) come segno di imbibizione dell’interstizio e degli alveoli. La presenza di più di tre linee B in più di due spazi intercostali bilateralmente è considerato diagnostico per la presenza di edema alveolare e interstiziale nello scompenso acuto.
Un altro importante parametro ecografico è rappresentato dal diametro e dalla collassabilità della vena cava inferiore mentre l’ecocardiografia, in particolare la tecnica Doppler e il Doppler tissutale, forniscono parametri che possono essere utilizzati per stimare le pressioni di riempimento delle sezioni sinistre.
Infine il dosaggio dei peptidi natriuretici, caratterizzato da un elevato potere predittivo negativo, è utile soprattutto per escludere la diagnosi di scompenso acuto (valori soglia BNP < 100 pg/mL, NT-proBNP < 300 mg/mL).
La combinazione di dati anamnestici, segni fisici, dosaggio dei peptidi natriuretici e degli esami strumentali consente di confermare o escludere la diagnosi di congestione senza ricorrere agli esami invasivi nella grande maggioranza dei casi.
Valutazione dello stato di euvolemia
Un momento cruciale nella valutazione del paziente con scompenso cardiaco è rappresentato dalla determinazione dello stato di de-congestione al momento della dimissione dopo un ricovero per scompenso acuto.
La presenza di una congestione residua, infatti, anche se sub-clinica, è un forte predittore di una evoluzione negativa e della necessità di un nuovo ricovero e per questo, nei limiti del possibile, deve essere evitata.
A questo proposito il documento sottolinea che spesso un rialzo dei valori di creatinina è interpretato erroneamente come una segno di disidratazione e di possibile danno renale e induce ad una inopportuna sospensione della terapia decongestionante.
Non esiste un singolo parametro in grado di quantificare lo stato di de-congestione del paziente al momento della dimissione ma è necessaria una valutazione multi-parametrica, come suggerito dalla Figura 3.
Utilizzo dei diuretici nello scompenso cronico
I diuretici sono ampiamente utilizzati anche nella terapia cronica dello scompenso, per mantenere lo stato di euvolemia e prevenire sintomi e segni di congestione, anche se non vi sono evidenze solide sull’efficacia in termini di morbilità e mortalità.
Sicuramente i pazienti a rischio di congestione traggono beneficio da una terapia di mantenimento con un diuretico dell’ansa. Tuttavia, nei pazienti a basso rischio, l’uso di diuretici dell’ansa può determinare alterazioni elettrolitiche, ulteriore attivazione neuro-ormonale, più rapido declino della funzione renale e ipotensione sintomatica. Quest’ultima può essere particolarmente rilevante nei pazienti con frazione di eiezione compromessa in quanto può determinare un utilizzo a dosaggi sub-ottimali dei farmaci che, riducendo l’attivazione neuro-ormonale, sono in grado di modificare la prognosi della malattia (beta-bloccanti, ace-inibitori, anti-aldosteronici, ARNI). Per questo si consiglia di utilizzare la più piccola dose possibili di diuretici e di rivalutarne periodicamente nel tempo la necessità.
Infine, l’utilizzo cronico di diuretici tiazidici associati ai diuretici dell’ansa, allo scopo di ottenere un blocco sequenziale del nefrone, dovrebbe essere evitato, se possibile, perché può determinare alterazioni elettrolitiche severe che potrebbero passare inosservate nel paziente ambulatoriale.
Fonte: The use of diuretics in heart failure with congestion — a position statement from the Heart Failure Association of the European Society of Cardiology. Eur J Heart Fail. 2019 Jan 1. doi: 10.1002/ejhf.1369. [Epub ahead of print]
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