Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Apr 18, 2019 Gaetano D'Ambrosio Novità dalla ricerca, Novità Fibrillazione Atriale, Novità Homepage Commenti disabilitati su Fibrillazione atriale. Dispositivi impiantabili e terapia anticoagulante orale
Gli attuali dispositivi impiantabili sono in grado di rilevare e registrare episodi di Fibrillazione Atriale (FA) di durata variabile in una percentuale non trascurabile di soggetti. In questi casi non abbiamo solide evidenze scientifiche che indichino quale durata minima dell’aritmia sia da prendere in considerazione per decidere di sottoporre il paziente a terapia anticoagulante orale (TAO).
Per fare luce su questa importante problematica, utilizzando dati clinici e amministrativi a disposizione della Veterans Health Administration, è stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo che ha preso in considerazione, nel periodo tra il 2010 e il 2014, oltre 10.000 pazienti portatori di un dispositivo impiantabile dotato della possibilità di tele-monitoraggio, caratterizzati da punteggio CHA2DS2-VASc ≥ 2, esenti da pregresso ictus e non sottoposti a TAO.
Le valutazioni relative alla TAO e agli eventi tromboembolici nei pazienti nei quali erano stati rilevati episodi di FA sono state effettuate tenendo conto del tempo di esposizione all’aritmia. In particolare i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi a seconda che la somma dei tempi relativi agli episodi di FA registrati dal dispositivo superasse in almeno un giorno la soglia rispettivamente di 6 minuti, 1 ora, 6 ore e 24 ore.
Il primo dato emerso dallo studio è che una percentuale molto rilevante, dal 24% al 45%, a seconda della soglia temporale considerata, dei soggetti esaminati aveva presentato degli episodi di FA (grafico A).
Nei pazienti nei quali era stata evidenziata la presenza di FA (grafico B), la prescrizione di TAO era condizionata positivamente dal tempo di esposizione alla aritmia ma restava comunque molto bassa riguardando al massimo il 27% dei pazienti con una esposizione alla FA superiore a 24 ore.
E’ emersa, inoltre, una estrema variabilità nell’utilizzo della TAO in funzione del centro a cui facevano riferimento i pazienti. Nel caso dei soggetti con carico di FA superiore a 1 ora la percentuale di utilizzo della TAO variava dal 3% al 67% con un valore mediano del 16%.
L’incidenza di ictus (grafico C), dopo un follow-up di circa due anni, risultava progressivamente maggiore nei soggetti non sottoposti a TAO al crescere della soglia di esposizione alla FA, risultando massima (14.9 casi x 1000 anni-persona) nei pazienti con durata della FA superiore a 24 ore. Nei pazienti sottoposti a TAO l’incidenza di ictus era inferiore, evidenziando un costante beneficio della terapia, ma la differenza risultava statisticamente significativa solo nei pazienti con durata della FA superiore a 24 ore.
Infine, per tenere conto di alcuni possibili confondenti, è stata condotta una analisi multivariata, selezionando i pazienti con la tecnica del “propensity score” (grafico D), che ha evidenziato un beneficio crescente della TAO, documentato da una riduzione progressiva del rischio relativo, espresso come Hazard Ratio, in funzione della durata dell’aritmia. In questa analisi, il beneficio risultava statisticamente significativo anche nei pazienti con con esposizione alla FA superiore a 6 minuti.
Le attuali linee guida prescrivono che i pazienti con FA clinicamente evidenziata, fatta eccezione per quelli a basso rischio trombo-embolico, siano sottoposti a terapia anticoagulante orale con warfarin (AVK) o con gli anticoagulanti diretti (NAO) indipendentemente dal pattern temporale della fibrillazione atriale. Ricerche recenti hanno però evidenziato che le forme parossistiche espongono ad un rischio tromboembolico inferiore rispetto a quelle persistenti e permanenti suggerendo che le caratteristiche cronologiche e il tempo di esposizione del paziente alla aritmia debbano essere presi in considerazione nell’iter decisionale che porta a prescrivere o non prescrivere una TAO.
I risultati di questo studio, con tutti i limiti che derivano dalla sua natura osservazionale, confermano la suddetta ipotesi e evidenziano che i massimi benefici della TAO si osservano nei pazienti con FA rivelata dai dispositivi impiantabili della durata di almeno 24 ore ma che un beneficio può essere ancora presente anche per esposizioni all’aritmia di durata inferiore. Il documento di indirizzo della European Heart Rhythm Association, citando dati osservazionali, raccomanda una soglia di almeno 5.5 ore per porre l’indicazione alla TAO in pazienti con FA rivelata dai dispositivi impiantabili e CHA2DS2-VASc ≥ 2. La questione in realtà è gravata da ampi margini di incertezza nell’attesa che ulteriori studi producano evidenze più solide che consentano di ridurre la attuale variabilità del comportamento prescrittivo dei clinici e di garantire una maggiore appropriatezza nell’utilizzo della terapia anticoagulante in questi pazienti.
Fonti: Practice Variation in Anticoagulation Prescription and Outcomes after Device-Detected Atrial Fibrillation: Insights from the Veterans Health Administration. Circulation 2019 Mar 17;[EPub Ahead of Print]
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