Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Mag 09, 2019 Gaetano D'Ambrosio IA Prevenzione primaria, IA Prevenzione secondaria, Integrazione alimentare, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria, Novità Prevenzione Secondaria Commenti disabilitati su La supplementazione di omega-3 non produce alcun beneficio nella prevenzione primaria delle neoplasie e delle malattie cardiovascolari
L’integrazione di omega-3 non produce alcun beneficio nella prevenzione primaria delle neoplasie e delle malattie cardiovascolari.
Sono le conclusioni di un grande trial randomizzato e controllato che ha arruolato oltre 25.000 soggetti, estratti dalla popolazione generale su tutto il territorio degli USA, di età superiore a 50 anni se uomini, superiore a 55 anni se donne, esenti da neoplasie o malattia cardiovascolare all’atto dell’arruolamento e randomizzati ad assumere, con un disegno sperimentale fattoriale 2×2, vitamina D alla dose di 2000 UI/die, omega-3 alla dose di 1g /die o i corrispondenti placebo.
L’outcome primario cardiovascolare era rappresentato dagli eventi cardiovascolari maggiori: infarto miocardico, ictus e morte per cause cardiovascolare.
L’outcome primario oncologico era rappresentato da qualsiasi neoplasia invasiva. Nel presente lavoro sono riportati i risultati del confronto tra omega-3 e placebo.
In un sottogruppo di 16.956 soggetti è stata verificata la concentrazione ematica degli omega-3 valutata come percentuale di EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) che è risultata pari al 2.7%. In 1583 soggetti la percentuale di omega-3 è stata valutata anche a un anno dalla randomizzazione riscontrando un incremento del 54.7% nei soggetti del braccio di trattamento attivo mentre nel gruppo di controllo vi erano variazioni inferiori al 2%.
Dopo un follow-up mediano di 5.3 anni, non si sono osservate differenze significative nel gruppo che aveva ricevuto la supplementazione di omega-3 rispetto ai controlli per quanto riguarda sia gli outcome cardiovascolari che gli outcome oncologici.
Si è, tuttavia, rilevata una riduzione del 28%, statisticamente significativa, a carico dell’end-point secondario rappresentato dall’incidenza di infarto del miocardio. Inoltre, in una analisi per sottogruppi, l’outcome primario cardiovascolare è risultato significativamente ridotto del 19% nei pazienti che dichiaravano di consumare meno di una porzione e mezza alla settimana di pesce.
Gli autori concludono affermando che la supplementazione di 1 g/die di omega-3 non determina una riduzione dell’incidenza di neoplasie e di eventi cardiovascolari in prevenzione primaria. Osservano anche che l’efficacia della supplementazione nel sottogruppo di pazienti con basso consumo di pesce induce a generare nuove ipotesi e che la ridotta incidenza di infarto del miocardio solleva la questione che potrebbero esservi significative differenze nell’utilizzo degli omega-3 in prevenzione primaria e in prevenzione secondaria.
Il presente studio, finanziato dai National Institutes of Health, condotto con metodologia rigorosa e con una sufficiente potenza statistica da rendere molto solide le sue conclusioni, si aggiunge ad una lunga serie di ricerche che, con vari disegni sperimentali hanno prodotto risultati contrastanti sull’efficacia preventiva degli omega-3.
Recentemente lo studio ASCEND non ha evidenziato alcun beneficio cardiovascolare derivante dalla somministrazione di 1 g/die di omega-3 nei pazienti diabetici esenti da malattia cardiovascolare. D’altra parte lo studio REDUCE-IT , utilizzando un dosaggio molto più elevato, ha raggiunto il suo end-point primario dimostrando una riduzione del rischio di eventi cardio-vascolari del 25% in pazienti ad alto rischio.
Se appare, quindi, sufficientemente documentato che la supplementazione di omega-3 a scopo di prevenzione primaria non determina benefici significativi, rimane aperta la possibilità che, con specifici dosaggi e in particolari condizioni cliniche, quali l’alto rischio cardiovascolare e il post-infarto, l’utilizzo degli omega-3 come farmaco possa produrre risultati clinici apprezzabili.
In realtà, l’ipotesi che gli omega-3 possano determinare benefici in ambito cardiovascolare è biologicamente plausibile essendo stati dimostrati diversi meccanismi farmacologici quali l’azione anti-trombotica, la riduzione della trigliceridemia, l’attività ipotensiva, anti-aritmica, anti-aterosclerotica e la capacità di favorire il rilascio di ossido nitrico da parte dell’endotelio.
Ricordiamo che in Italia, allo stato attuale (maggio 2019) i preparati a base di omega-3 sono rimborsabili solo in alcuni casi di ipertrigliceridemia (nota AIFA 13 ) e nel post-infarto (nota AIFA 94 ) mentre non sono rimborsabili in prevenzione primaria.
Del tutto recentemente (marzo 2019) l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha rilasciato un comunicato con il quale stabilisce che “i medicinali a base di acidi grassi omega-3 contenenti un’associazione di un estere etilico di acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA) alla dose di 1 g al giorno, non sono efficaci nel prevenire la ricorrenza di problemi cardiaci e circolatori, in pazienti che hanno avuto un infarto” e ha concluso che “le autorizzazioni all’immissione in commercio di questi medicinali devono essere aggiornate per rimuovere questa indicazione”.
Fonte: Marine n−3 Fatty Acids and Prevention of Cardiovascular Disease and Cancer. N Engl J Med 2019;380:23-32.
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