Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Mag 09, 2019 Gaetano D'Ambrosio IA Prevenzione primaria, Integrazione alimentare, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Primaria Commenti disabilitati su La vitamina D non produce alcun beneficio nella prevenzione primaria delle malattie cardiovascolarie e delle neoplasie
La supplementazione di vitamina D non produce alcun beneficio nella prevenzione primaria delle neoplasie e delle malattie cardiovascolari
Sono le conclusioni di un grande trial randomizzato e controllato che ha arruolato oltre 25.000 soggetti, estratti dalla popolazione generale su tutto il territorio degli USA, di età superiore a 50 anni se uomini, superiore a 55 anni se donne, esenti da neoplasie o malattia cardiovascolare all’atto dell’arruolamento e randomizzati ad assumere, con un disegno sperimentale fattoriale 2×2, vitamina D alla dose di 2000 UI/die, omega-3 alla dose di 1g /die o i corrispondenti placebo.
L’outcome primario cardiovascolare era rappresentato dagli eventi cardiovascolari maggiori: infarto miocardico, ictus e morte per cause cardiovascolare.
L’outcome primario oncologico era rappresentato da qualsiasi neoplasia invasiva.
Nel presente lavoro sono riportati i risultati del confronto tra vitamina D e placebo.
In un sottogruppo di 15.787 soggetti è stata verificata la concentrazione ematica basale di vitamina D che è risultata in media di 30.8 ± 10.0 ng/mL, inferiore a 20 mg/mL nel 12.7% dei soggetti e tra 20 e 30 ng/mL nel 32.2%.
In un ulteriore sottogruppo di 1644 soggetti, in cui era disponibile anche il controllo a un anno, si è riscontrato un significativo incremento (da 29.8 a 41.8 ng/mL) della concentrazione plasmatica di vitamina D nel gruppo trattato mentre il tasso plasmatico rimaneva invariato nel gruppo controllo.
Dopo un follow-up mediano di 5.3 anni non si sono osservate differenze significative nel gruppo che aveva ricevuto la supplementazione di vitamina D rispetto ai controlli per quanto riguarda sia gli outcome cardiovascolari che gli outcome oncologici. I risultati non si modificavano anche tenendo conto delle concentrazioni basali di vitamina D.
Questi risultati sembrano non giustificare la ormai sempre più diffusa tendenza a dosare le concentrazioni plasmatiche di vitamina D e ad assumere supplementi di vitamina D per la prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari e oncologiche.
In passato studi epidemiologici di tipo ecologico hanno rilevato tassi di mortalità inferiori nelle regioni nelle quali le persone sono maggiormente esposte alla luce solare. Inoltre, studi clinici osservazionali hanno mostrato una associazione tra bassi livelli di vitamina D e un aumentato rischio di sviluppare il cancro o la malattia cardiovascolare. Infine, studi sperimentali hanno suggerito il possibile meccanismo fisiopatologico di una azione protettiva della vitamina D rilevando la presenza di recettori per la vitamina in molti tessuti.
Tali studi, tuttavia, per la loro natura osservazionale, non sono in grado di stabilire un nesso di causalità tra il presunto fattore protettivo, la vitamina D, e gli esiti clinici, neoplasie o eventi cardiovascolari, a causa di possibili fattori confondenti.
Inoltre, la documentazione di una associazione tra carenza vitaminica e prognosi non implica necessariamente che la supplementazione della vitamina determini un effetto protettivo.
Finora erano disponibili pochi studi di intervento di piccole dimensioni, basati su outcome secondari o analisi post-hoc e caratterizzati dall’utilizzo di dosi basse di vitamina D e da follow-up limitati tanto che il dipartimento di prevenzione americano (USPSTF ) ha classificato la supplementazione di vitamina D tra gli interventi preventivi per i quali non esistono sufficienti evidenze.
Il presente studio, finanziato dai National Institutes of Health è il primo ad aver affrontato la questione con metodologia rigorosa e con una sufficiente potenza statistica da rendere molto solide le sue conclusioni anche se resta aperta la questione se dosaggi ancora più elevati di vitamina D per periodi più lunghi di 5 anni possano produrre risultati diversi.
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