Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Giu 05, 2019 Gaetano D'Ambrosio Farmaci, Farmaci Ictus -Tia, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Ictus Tia Commenti disabilitati su Studio RE-SPECT ESUS. I risultati dello studio che confronta dabigatran con Acido Acetilsalicilico (ASA) nei pazienti con ictus embolico
La terapia anticoagulante con dabigatran non determina significativi vantaggi rispetto alla terapia anti-aggregante con ASA a basse dosi nel trattamento dei pazienti con ictus criptogenetico pur presentando un profilo di sicurezza paragonabile.
Lo documentano i risultati dello studio RE-SPECT ESUS (Dabigatran Etexilate for Secondary Stroke Prevention in patients With Embolic Stroke of Undetermined Source) un trial di fase III, randomizzato e controllato, in doppio cieco, multicentrico, che ha arruolato 5390 pazienti entro 6 mesi da un episodio di ictus di eziologia non determinata.
I pazienti dovevano aver presentato meno di 6 minuti di fibrillazione atriale nel corso di un monitoraggio elettrocardiografico di almeno 20 ore ed essere esenti da stenosi significative (≥50%) nelle arterie relative alla regione cerebrale colpita dall’ictus.
I pazienti arruolati sono stati randomizzati a ricevere 150 mg o 110 mg di dabigatran (in relazione all’età e alla funzione renale) o 100 mg di ASA al giorno.
L’outcome primario di efficacia era rappresentato della prima recidiva di ictus di qualsiasi tipo. Sono stati considerati outcome secondari l’ictus ischemico e un outcome composito comprendente l’ictus non fatale, l’infarto miocardico non fatale o la morte per cause cardiovascolari.
L’outcome primario di sicurezza era rappresentato dalla evenienza di eventi emorragici maggiori, definiti sulla base dei criteri della Società Internazionale di Emostasi e Trombosi. Outcome di sicurezza secondari erano l’emorragia non maggiore ma clinicamente rilevante in quanto richiedente il ricovero, un intervento medico o chirurgico o una modifica del trattamento assegnato e un evento composito comprendente l’emorragia maggiore e l’emorragia non maggiore ma clinicamente rilevante.
Durante il follow-up, della durata mediana di 19 mesi, l’incidenza di un secondo ictus è stata del 4.1% e del 4.8% all’anno, rispettivamente nel braccio dabigatran e nel braccio ASA (differenza statisticamente non significativa).
L’incidenza di eventi emorragici maggiori è stata rispettivamente dell’1.7% e dell’1.4% all’anno (differenza non significativa). Tuttavia, considerando eventi emorragici maggiori e eventi emorragici non maggiori ma clinicamente rilevanti, l’incidenza di eventi emorragici nel braccio dabigatran (3.3% anno) è risultata significativamente maggiore rispetto al braccio ASA (2.3% all’anno).
Una analisi post-hoc ha evidenziato che, nel sottogruppo di pazienti di età maggiore o uguale a 75 anni, il trattamento con dabigatran si associava ad una riduzione significativa del 37% delle recidive di ictus rispetto al trattamento con ASA. Una maggiore efficacia si riscontrava anche considerando gli eventi occorsi dopo il primo anno di terapia.
Il trattamento con dabigatran, quindi, non risulta superiore all’ASA nella prevenzione delle recidive di ictus criptogenetico ed é associato a una incidenza di eventi emorragici maggiori sovrapponibile ma ad una maggiore incidenza di eventi emorragici non gravi.
Ricordiamo che l’ictus è definito criptogenetico quando non è possibile documentarne l’eziologia, cosa che accade nel 20-30% dei casi. Si ritiene che le cause dell’ictus criptogenetico possano essere molteplici (aterotrombosi dei grossi vasi arteriosi, forme ovale pervio, fibrillazione atriale occulta) configurando un profilo patogenetico piuttosto eterogeneo. L’effetto protettivo del dabigatran, evidenziato dall’analisi post-hoc nei pazienti più anziani, potrebbe pertanto riflettere la maggiore incidenza di fibrillazione atriale nelle età più avanzate della vita.
Fonte: Dabigatran for Prevention of Stroke after Embolic Stroke of Undetermined Source N Engl J Med 2019; 380:1906-1917
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