Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Giu 18, 2019 Gaetano D'Ambrosio Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Prevenzione Secondaria Commenti disabilitati su Uso prolungato con inibitori della pompa protonica (PPI) associato ad una aumentata mortalità globale e cardiovascolare
Il trattamento prolungato con inibitori della pompa protonica (PPI), così frequente anche nei pazienti cardiopatici, si associa ad una aumentata mortalità globale e cardiovascolare.
E’ questo il risultato di uno studio, metodologicamente molto complesso, condotto sui database del Dipartimento degli Affari dei Veterani degli Stati Uniti d’America, l’istituzione che gestisce il più ampio e integrato sistema sanitario negli USA.
Negli ultimi anni la letteratura ha evidenziato che l’utilizzo a lungo termine dei PPI è associato a importanti eventi avversi quali malattia cardio-vascolare, polmonite, fratture osteoporotiche, infezioni da Clostridium difficile, insufficienza renale acuta e cronica, demenza e neoplasie del tratto gastro-intestinale superiore. Non vi sono però dati quantitativi riguardanti le conseguenze di tali effetti in termini di mortalità globale e causa-specifica.
Per verificare l’eventuale eccesso di mortalità attribuibile all’uso dei PPI, sono state costituite due coorti, rispettivamente di 157.626 e 56.842 soggetti (età media 65.10±12.35 anni, 95.93% maschi, 87.43% bianchi) che, nel periodo compreso tra luglio 2002 e giugno 2004, avevano iniziato un trattamento con PPI o con anti-H2, avendolo praticato per almeno 90 giorni nei 180 giorni precedenti l’arruolamento.
Il gruppo di pazienti trattati con anti-H2 è stato utilizzato come gruppo di controllo. Tale scelta è scaturita dalla opportunità di confrontare gli utilizzatori di PPI con soggetti che, assumendo un farmaco con analoghe indicazioni, avrebbero presentato caratteristiche cliniche maggiormente sovrapponibili.
Durante un follow-up mediano di 10 anni si sono verificati complessivamente 80.062 decessi (37.33%). Le cause di morte più frequente sono state: le malattie cardiovascolari (12.45%), le neoplasie (9.72%) e le malattie dell’apparato respiratorio (4.80%).
La percentuale di decessi è risultata maggiore nel gruppo trattato con PPI (37.92%) rispetto al gruppo trattato con anti-H2 (35.69%).
In particolare, sono risultati attribuibili al trattamento con PPI 45.20 decessi per mille soggetti. Un eccesso di decessi statisticamente significativo si è riscontrato per quanto riguarda le malattie dell’apparato cardio-circolatorio (+17.47 x 1000), le neoplasie (+12.94 x 1000), le malattie infettive e parassitarie (+4.20 x 1000) e le malattie dell’apparato genito-urinario (+6.25 x 1000). Una analisi più dettagliata delle cause di morte ha evidenziato un eccesso significativo di mortalità per la malattia cardiovascolare, nell’ambito delle malattie dell’apparato cardio-circolatorio, e della insufficienza renale cronica, nell’ambito delle malattie dell’apparato genito-urinario, ma non per le neoplasie del tratto gastro-intestinale superiore o per le infezioni da Clostridium difficile.
La relazione tra uso a lungo termine dei PPI e eccesso di mortalità per malattia cardiovascolare o per malattia renale cronica non è risultata essere influenzata dalla presenza o meno di tale patologie all’atto dell’arruolamento suggerendo che l’esposizione ai PPI agisce sia peggiorando una eventuale patologia pre-esistente che favorendone la comparsa.
E’ stata inoltre valutata l’associazione tra eccesso di mortalità e durata dell’esposizione ai PPI riscontrando una relazione tipo dose-effetto per quanto riguarda la mortalità per cause cardiovascolari, neoplasie e malattie dell’apparato genito-urinario ma non per le malattie infettive e parassitarie, probabilmente a causa della natura acuta della maggior parte di queste ultime.
I risultati di questo studio, malgrado i limiti che derivano dalla sua natura osservazionale e dalle caratteristiche demografiche dei pazienti arruolati, confermano quanto già presente in letteratura relativamente ai rischi correlati ad un uno prolungato degli inibitori della pompa protonica.
Il dato acquista una particolare rilevanza se si considera l’ampio utilizzo dei PPI, spesso in condizioni nelle quali non esiste una specifica indicazione.
Ne deriva la necessità di una prescrizione più appropriata di questa importante classe di farmaci, restringendone l’uso alle condizioni nelle quali è verosimile attendersi un significativo beneficio, limitandolo al tempo strettamente necessario e attuando programmi di de-prescrizione con l’obiettivo di ridurre i numerosi casi in cui i PPI sono utilizzati in modo francamente inappropriato.
Questo contenuto è riservato agli utenti registrati appartenenti al settore sanitario: si prega di accedere utilizzando il form sottostante, oppure di compilare il form di registrazione. Dopo la registrazione, oltre ad avere accesso a tutti i contenuti del portale, riceverai aggiornamenti utili alla pratica clinica. Se non si ricordano i dati di accesso, cliccare qui
Giu 17, 2019 Commenti disabilitati su Associazione tra cibi ultra-elaborati e mortalità
Mag 21, 2019 1
Gen 05, 2019 Commenti disabilitati su Nuova meta-analisi sull’utilizzo della digossina evidenzia un incremento significativo della mortalità
Dic 29, 2018 0
Nov 07, 2020 Commenti disabilitati su Pneumopatia da COVID-19: il punto di vista del Medico Vascolare. “Position paper” patrocinato dalla SIDV e della SIMV
Ott 12, 2020 Commenti disabilitati su Pazienti con diabete tipo 2 a maggior rischio di demenza vascolare rispetto ad altre demenze
Ott 08, 2020 Commenti disabilitati su Studio EMPEROR-Reduced: il vantaggio di Empagliflozin rimane stabile sopra Sacubitril/Valsartan
Mag 27, 2020 Commenti disabilitati su L’idrossiclorochina è inefficace e dannosa nella cura del COVID-19