Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Ago 17, 2019 Gaetano D'Ambrosio Farmaci, Farmaci Cardiopatia ischemica, Farmaci Vasculopatie, Novità Cardiopatia Ischemica, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Vasculopatie Commenti disabilitati su La somministrazione di pantoprazolo non è efficace nel ridurre gli eventi emorragici di origine gastrointestinale superiore. Può ridurre, invece, l’incidenza di sanguinamenti correlati a ulcera peptica
La somministrazione di pantoprazolo non è efficace nel ridurre gli eventi emorragici di origine gastrointestinale superiore, in pazienti sottoposti a terapia anticoagulante con rivaroxaban da solo o in associazione con aspirina (ASA) ma può ridurre l’incidenza di sanguinamenti correlati a ulcera peptica.
Sono quesiti risultati di una analisi secondaria di un grande trial, lo studio COMPASS , che ha confrontato l’efficacia preventiva di tre approcci farmacologici basati su anticoagulazione e/o antiaggregazione in oltre 27.000 pazienti affetti da cardiopatia ischemica stabile o da vasculopatia periferica.
I tre trattamenti confrontati erano:
ASA 2.5 mg x 2/die + ASA 100 mg/die;
rivaroxaban 5 mg x 2 /die;
ASA 100 mg/die.
I pazienti arruolati nello studio COMPASS che non avevano una indicazione clinica all’utilizzo di un inibitore della pompa protonica, 17.598 soggetti, pari al 64% del totale, sono stati successivamente randomizzati a ricevere 40 mg/die di pantoprazolo o placebo.
Questi pazienti sono stati seguiti con un follow-up medio di 3.02 anni con l’obiettivo di identificare la prima occorrenza di un evento clinico riferito al tratto gastro-intestinale superiore definito come un outcome composito (A) dai seguenti eventi:
– sanguinamento evidente (ematemesi e/o melena) con una lesione gastro-duodenale (ulcera paprica o neoplasia confermate mediante endoscopia o radiologia) sanguinante al momento della procedura;
– sanguinamento evidente gastrointestinale superiore di origine sconosciuta;
– sanguinamento occulto (riduzione dell’emoglobina pari o superiore a 2 g/dL);
– ulcera gastroduodenale sintomatica con almeno 3 giorni di dolore gastro-intestinale;
– almeno 5 erosioni gastro-duodenali (confermate dalla endoscopia) con almeno 3 giorni di dolore gastro-intestinale;
– ostruzione o perforazione del tratto gastro-intestinale superiore.
Il trattamento con pantoprazolo ha determinato una riduzione statisticamente non significativa dell’incidenza dell’outcome primario (A) pari allo 0.16% in termini assoluti e al 12% in termini relativi.
Considerando le varie componenti dell’outcome composito (B-G), una riduzione significativa del rischio, pari allo 0.17% in termini assoluti e al 48% in termini relativi, si è verificata solo per quanto riguarda i sanguinamenti dovuti a lesioni gastro-duodenali (B).
La bassa incidenza degli eventi e la limitata dimensione della riduzione assoluta associata al trattamento con pantoprazolo corrispondono a un numero di pazienti da trattare (NNT) per un anno per evitare un evento molto elevato, pari a 1770.
Considerando separatamente i tre bracci dello studio, una riduzione dell’incidenza dell’outcome primario al limite della significatività statistica si è osservata solo nei pazienti trattati con la sola aspirina.
Gli autori concludono affermando che l’utilizzo sistematico degli inibitori di pompa protonica in trattamento anticoagulante o antiaggregante non è giustificato. Il trattamento potrebbe essere invece utile nei soggetti a più alto rischio di di complicanze emorragiche di ulcera peptica, quali quelli caratterizzati da: età superiore a 65 anni, infezione da helicobacter pilori, utilizzo di FANS, abitudine al fumo, storia di ulcera peptica, soprattutto se complicata.
In realtà, i risultati di questo studio studio si riferiscono a pazienti trattati con basse dosi di rivaroxaban associate o meno a aspirina, strategia terapeutica che si è rivelata efficace nel prevenire eventi cardiovascolari e, pertanto, non sono generalizzabili a qualsiasi schema di terapia anti-coagulante o anti-aggregante.
Tuttavia ricordiamo che, nonostante vi siano evidenze a sostegno dell’efficacia gastro-protettiva dei PPI nei confronti delle emorragie gastro-intestinali correlate all’uso dei FANS, pochi studi hanno riguardato pazienti in trattamento anti-aggregante con ASA mentre non vi sono evidenze solide, derivanti da trial clinici randomizzati, che giustifichino la somministrazione di PPI a scopo preventivo nei pazienti in terapia anticoagulante con anti-vitamina K o con anticoagulanti diretti.
I risultati di questo studio, quindi, forniscono un importante contributo di conoscenza a sfavore di un utilizzo indiscriminato e sistematico dei PPI nei pazienti in terapia anti-trombotica, anche alla luce dei recenti dubbi sulla loro sicurezza a lungo termine.
Fonte: Pantoprazole to Prevent Gastroduodenal Events in Patients Receiving Rivaroxaban and/or Aspirin in a Randomized, Double- Blind, Placebo-Controlled Trial Gastroenterology. 2019 Aug;157(2):403-412
Questo contenuto è riservato agli utenti registrati appartenenti al settore sanitario: si prega di accedere utilizzando il form sottostante, oppure di compilare il form di registrazione. Dopo la registrazione, oltre ad avere accesso a tutti i contenuti del portale, riceverai aggiornamenti utili alla pratica clinica. Se non si ricordano i dati di accesso, cliccare qui
Ott 17, 2019 1
Set 22, 2019 Commenti disabilitati su ESC/EASD. Nuova edizione linee guida per la gestione della malattia cardiovascolare nel paziente diabetico
Ago 03, 2019 Commenti disabilitati su Rivaroxaban dimostra un buon profilo di efficacia e sicurezza nei bambini con tromboembolismo venoso
Lug 04, 2019 1
Nov 07, 2020 Commenti disabilitati su Pneumopatia da COVID-19: il punto di vista del Medico Vascolare. “Position paper” patrocinato dalla SIDV e della SIMV
Ott 12, 2020 Commenti disabilitati su Pazienti con diabete tipo 2 a maggior rischio di demenza vascolare rispetto ad altre demenze
Ott 08, 2020 Commenti disabilitati su Studio EMPEROR-Reduced: il vantaggio di Empagliflozin rimane stabile sopra Sacubitril/Valsartan
Mag 27, 2020 Commenti disabilitati su L’idrossiclorochina è inefficace e dannosa nella cura del COVID-19