Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Set 26, 2019 Gaetano D'Ambrosio Cardiologia di genere, Cardiologia di genere Farmaci, Farmaci, Farmaci Scompenso cardiaco, Novità dalla ricerca, Novità Homepage, Novità Scompenso cardiaco 1
Raggiungere le dosi massime tollerate di ace-inibitori e beta-bloccanti nella terapia dello scompenso, così come consigliato dalle linee guida, non è facile e, per quanto riguarda le donne, non è nemmeno necessario.
Sono queste le conclusioni di una analisi post-hoc condotta sui dati dello studio BIOSTAT-CHF, un ampio studio di coorte condotto in 11 paesi europei che ha arruolato pazienti con scompenso cardiaco in trattamento farmacologico sub-ottimale ovvero assumendo dosaggi inferiori al 50% della dose target di ACE-inibitori (ACE) o sartani (ARB) e di beta-bloccanti (BB), con l’obiettivo di migliorare la terapia personalizzandola.
I medici curanti dei pazienti arruolati sono stati incoraggiati a iniziare o titolare il trattamento con ACE/ARB e con BB nei primi tre mesi. Dopo un periodo di mantenimento di sei mesi i pazienti sono stati rivalutati per controllare l’utilizzo dei farmaci. In funzione della dose raggiunta dopo la titolazione i partecipanti sono stati suddivisi in quattro gruppi a seconda che ciascuna classe di farmaci (ACE/ARB o BB) non fosse ancora utilizzata, fosse assunta ad un dosaggio inferiore al 50% di quello raccomandato, tra il 50 e il 99%, o a dosaggio pieno (≥100% della dose target).
I 1710 pazienti arruolati (1308 uomini e 402 donne), tutti caratterizzati da frazione di eiezione < 40%, sono stati seguiti con un follow-up mediano di 21 mesi per rilevare l’incidenza dell’outcome primario dello studio, rappresentato dal ricovero per scompenso o dal decesso per tutte le cause, e verificare se ci fossero differenze tra uomini e donne.
In condizioni basali le donne erano mediamente più anziane (74±12 vs 70±12 anni) e avevano altezza e peso inferiori. Negli uomini vi era un più largo utilizzo sia degli ACE/ARB (76% uomini, 72% donne) che dei BB (86% uomini, 82% donne). Una modesta percentuale di soggetti utilizzava già dosaggi ottimali sia degli ACE/ARB (13% uomini, 15% donne) che dei BB (5% uomini, 5% donne).
Al controllo a nove mesi la percentuale di pazienti con terapia ottimizzata risultava aumentata sia per ACE/ARB (23% uomini, 25% donne) che per i BB (13% uomini, 14% donne) senza significative differenze tra i due sessi.
L’analisi degli outcome clinici è stata effettuata valutando il rischio relativo di eventi, espresso come Hazard Ratio (HR), per ciascun sottogruppo di pazienti avendo come riferimento quelli che avevano raggiunto la dose target di ciascuna classe di farmaci.
Si è così potuto rilevare che negli uomini il rischio di eventi risultava progressivamente più basso al crescere della percentuale della dose target assunta, raggiungendo il livello minimo nei soggetti che conseguivano il pieno obiettivo terapeutico (≥ 100%).
Nelle donne, invece, i livelli più bassi di rischio si presentavano nelle fasce intermedie ovvero nelle pazienti che erano trattate con dosi di farmaco intorno al 50% della dose target.
Questi risultati, interpretati con tutte le dovute cautele in considerazione della natura osservazionale dello studio, sono molto interessanti perché fanno emergere l’ipotesi che, almeno per le due principali classi di farmaci per la terapia dello scompenso cardiaco, indicare un obiettivo terapeutico uguale per tutti non sia la scelta migliore e che, in particolare, nelle donne sia più corretto fermarsi a dosaggi più bassi di quelli massimi raccomandati.
Questa differenza di genere può essere spiegata considerando che le donne hanno generalmente una massa corporea minore ed una maggiore proporzione di grasso corporeo e questo più influenzare significativamente la cinetica dei farmaci, in particolare di quelli liposolubili. Inoltre, le donne esprimono in maniera meno consistente alcuni isoenzimi del citocromo P450. Infine, è possibile che, anche a parità di farmacocinetica, le donne presentino una maggiore sensibilità a molti farmaci.
Gli autori tengono a sottolineare che i loro risultati non devono essere utilizzati come una giustificazione al fenomeno, documentato anche in questo studio, del sotto-utilizzo delle terapie di fondo per lo scompenso nelle donne ma che, invece, devono indurre il clinico a personalizzare la terapia, considerando innanzi tutto il genere del paziente.
Infine merita attenzione anche il dato che la percentuale di pazienti che hanno raggiunto la dose target, nonostante l’esplicito sollecito ai curanti ad operare in tal senso, non ha superato il 25%. Questo dato deve essere interpretato anche alla luce del fatto che i pazienti dello studio sono stati seguiti in un contesto di “real life”, ben diverso dal setting sperimentale e dai rigidi protocolli operativi dei trial clinici.
Fonte: Identifying optimal doses of heart failure medications in men compared with women: a prospective, observational, cohort study Lancet. 2019 Aug 22. pii: S0140-6736(19)31792-1. doi: 10.1016/S0140-6736(19)31792-1. [Epub ahead of print]
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