Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Gen 05, 2020 Cardiotool Dispositivi, Dispositivi Fibrillazione atriale, Farmaci, Novità Fibrillazione Atriale, Novità Homepage Commenti disabilitati su Il Cuore Che Verrà
Per parlare del futuro bisogna conoscere il passato. Parola di Alessandro Capucci, che nella sua vita ha curato circa 15000 pazienti affetti da patologie cardiache. “Diventeremo sempre più precisi nelle diagnosi e sempre più specializzati. Il futuro? E’ già qui. Meno ricoveri e più vite salvate. Un algoritmo ci salverà.”
Il cuore che verrà è un organo molto resistente, se dipendesse solo da lui, potrebbe continuare a battere per 200 anni. Una condizione per ora irraggiungibile data da molti fattori, primo fra tutti la perfetta condizione di arterie e vasi sanguigni.
Ma il futuro è già qui, e il medico non può opporsi al progresso: semmai lo deve interpretare.
Alessandro Capucci, Direttore della Clinica Cardiologia e Aritmologia dell’Università Politecnica delle Marche – Ospedale Torrette di Ancona, nato a Faenza ma da sempre bolognese, ogni due anni organizza un Congresso Internazionale dedicato alla Fibrillazione Atriale e allo Scompenso Cardiaco che lui chiama “The ugly and the nasty” ( il brutto e il cattivo). E è facile intuirne il significato.
“Quando abbiamo iniziato, gli americani erano molto più avanti di noi nella ricerca, ma nel giro di poche edizioni del Congresso (ora siamo alla 13ma), abbiamo recuperato perché la cardiologia italiana specialistica è molto preparata. L’Italia in campo sanitario è una vera eccellenza, ma dobbiamo accettare l’idea che man mano la figura del clinico scomparirà, per lasciare il posto al cardiologo superspecializzato. Noi medici dobbiamo prendere atto che occorrerà partire dall’informatizzazione dell’enorme massa di dati che si ha a disposizione per selezionare le cure migliori: non faremo più la diagnosi generale, la farà l’I.A. che sarà in grado, attraverso gli infiniti parametri a disposizione e la strumentazione tecnica a disposizione, di permette indagini molto meno invasive rispetto al passato, di indicare nel minor tempo possibile, lo specialista adatto per curare il paziente” – affema il prof. Capucci.
Parole come BIG DATA e Blokchain sono fra noi e non ci devono spaventare.
L’organizzazione ospedaliera dovrà per forza cambiare, per non collassare. E lo potrà fare perché, grazie all’I.A. si potrà prevenire l’ospedalizzazione e intervenire a distanza, anche in assenza di sintomi.
Ad oggi, anno 2019, il 70% dei ricoveri è dovuto a cause in cui sussiste un problema cardiovascolare. Uomini e donne ormai si equivalgono. Non si tratta solo di fattori dettati dall’età, perché vi è un alto numero di giovani ricoverati con problemi cardiologici dovuti alla tendenza a dormire sempre meno, all’assunzione di sostanze eccitanti, ad un disordine di vita continuato.
Ogni ingresso in Pronto Soccorso dovuta a crisi acute, fa slittare la programmazione di coloro che devono essere ricoverati per accertamenti o interventi. I costi si moltiplicano e il tempo diventa un altro fattore aggravante. L’ospedalizzazione incide ancora per il 90% sui costi della Sanità. Ben venga, quindi, la possibilità di prevenire crisi acute, monitorando lo stato di salute a distanza.
Cosa è cambiato rispetto al passato?
“I tempi di attesa sono cambiati, si soffre molto meno, è aumentata l’aspettativa sulla risoluzione in positivo della cura, anche se necessita di trattamenti invasivi. E’ aumentata di molto la sopravvivenza di circa 30 anni, di cui almeno 20 anni di vita in più sono dovuti al miglioramento delle terapie cardiovascolari. Si sono ridotti di molto il numero degli aneurismi ventricolari grazie all’angioplastica. La cardiochirurgia registra meno interventi grazie alla prevenzione e alla terapia “rapida” per bloccare la patologia insorgente.
L’informazione è cambiata: negli anni ’90 non si poteva nominare in televisione la patologia della morte improvvisa. Venivamo censurati! Mentre la ricerca ha dati molto interessanti sul sistema elettrico del cuore, sulle cure possibili e su come riconoscere i primi sintomi di una patologia mortale che può essere tenuta sotto controllo.
Le terapie sono migliorate. L’associazione tra farmaci quali il sacubitril e il valsartan ( già usato in passato) ha ridotto la mortalità, con effetti collaterali minimi. Ma tuttora, pur essendo dei salvavita, non tutti vi possono accedere. Necessitano come tutti i nuovi medicinali o come il dronedarone (in funzione dai primi anni del 2000) del piano terapeutico. Creato per evitare sprechi, ma che io ritengo non possa essere adottato per quei medicinali che possono fare la differenza tra la vita e la morte.
Dopo circa 15.000 pazienti incontrati, curati e salvati, penso che sia possibile oggi migliorare ancora di più la qualità della vita di ogni persona, mettendo al lavoro le conoscenze acquisite in questi ultimi 30 anni per ribaltare o migliorare il sistema di cura.
Arriveremo a personalizzare le cure, a prevenire con un mese di anticipo eventuali crisi, ad utilizzare l’ospedale sempre meno. Si vivrà di più, perché si vivrà meglio, perché impareremo a conoscere meglio il nostro corpo. E i famosi “smart device” saranno veramente utili non solo per le chiamate d’emergenza”.
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