Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Mar 30, 2020 Cardiotool Farmaci Commenti disabilitati su Aspirina: vecchie e nuove applicazioni
Prof Alessandro Capucci
Ordinario di Malattie dell’ Apparato Cardiovascolare
Università Politecnica delle Marche
In questa triste epoca dominata dalla pandemia del coronavirus del quale non abbiamo soluzioni terapeutiche, può essere utile focalizzare su un farmaco noto da molti anni , poco costoso ed utilizzabile per trattare diverse patologie: l’aspirina. In realtà il suo effetto antipiretico era stato dimostrato già nel 1763 (Reverend Edward Stone).
La storia di questo straordinario farmaco, per quanto riguarda la nostra era, inizia nel 1897 quando venne sintetizzato dal chimico Felix Hoffmann della Bayer che formulò dal salicilato la sua componente acetilata (acido acetilsalicilico o aspirina). Nel 1918 a seguito della pandemia influenzale ve ne fu un largo impiego come antiinfiammatorio e antipiretico. Nel 1950 venne descritta per la prima volta l’ effetto dell’ aspirina nella prevenzione primaria dell’ infarto miocardico. Nel 1967 questa sostanza fu trovata essere anche inibitore delle funzioni piastriniche; così nel 1974 fu dimostrato potere prevenire secondariamente l’ infarto miocardico e due anni dopo essere anche inibitore della ciclo ossigenasi. Dal 2010 vi sono dati sulla possibilità che l’ aspirina , somministrata cronicamente, possa prevenite il cancro del colon-retto ed anche altri tipi di cancro.
Negli anni l’ aspirina ha avuto anche cadute nella considerazione medica come quando nel 1932 dopo l’ invenzione del gastroscopio divenne chiara la possibile influenza del farmaco nel favorire gastriti. A seguito di ciò la produzione di altre sostanze analgesiche , come il paracetamolo e l’ ibuprofene portarono inizialmente negli anni 1950-60 ad un calo della popolarità dell’ aspirina. Altro colpo negativo fu la dimostrata associazione con la sindrome di Reye (enecefalopatia acuta) nei bambini. Per tale motivo non è consigliabile prescrivere tale farmaco sotto i 16 anni di età. Successivamente vennero elucidate le proprità di inibizione della bradichinina (1970) e la sintesi delle prostaglandine (John Vane) con favorevole impiego nella cascata anafilattica.
L’ effetto più noto ai nostri giorni è sicuramente quello di inibizione piastrinica, che fu studiato negli anni 60 quando venne dimostrato un effetto nell’ allungare il tempo di sanguinamento e di inibizione dell’ aggregazione piastrinica. Tale effetto antiaggregante era maggiore del suo possibile effetto vasocostrittore per inibizione del trombossano A2. In quegli anni venne scoperto come l’ aspirina potesse prevenire gli eventi trombotici, quindi infarto miocardico ed ictus ischemico (studi ISIS-2 e SALT). Tali studi dimostrarono l’ efficacia dell’ aspirina nella profilassi secondaria di infarto miocardico e stroke.
Nel 2012 è stata dimostrata la sua efficacia nella prevenzione del tromboembolismo venoso con riduzione del 32% nella ricorrenza di tali episodi in paragone con il placebo e 28% di riduzione nella prevenzione del tromboembolismo polmonare in pazienti sottoposti a trattamenti ortopedici. E’ impiegata anche nella riduzione del tromboembolismo venoso in pazienti con mieloma multiplo.
Il confronto invece con gli anticoagulanti nella prevenzione dell’ ictus ischemico in pazienti con fibrillazione atriale è stato perdente per l’ aspirina. Utile per la prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con policitemia vera e sindrome mieloproliferativa.
L’ aspirina riveste quindi un posto molto importante nel nostro armamentario terapeutico. Bisogna segnalare anche una certa variazione interindividuale alla sua risposte terapeutica, analogamente a molte altre sostanze, Tuttavia attualmente i vari tests per valutare questo aspetto nella pratica sono ancora solo sperimentali.
Il recente ruolo dell’ aspirina nel prevenire alcuni tipi di cancro potrebbe portare ad una nuova era a favore del suo impiego.
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