Ultimo aggiornamento 07/11/2020 12:00
Apr 21, 2020 Cardiotool Dispositivi, Dispositivi Fibrillazione atriale, Dispositivi Ictus Tia, Fibrillazione Atriale (PZ), Ictus-TIA (PZ), News, Per i pazienti 0
a cura del Prof Alessandro Capucci
Ordinario di Malattie dell’ Apparato Cardiovascolare
L’ ictus ischemico è una delle cause maggiori di disabilità neurologica, si distingue dal TIA perché lascia esiti permanenti ed è considerata la terza causa di morte e la prima assoluta per disabilità. In Italia ogni anno poco meno di 200.000 persone vengono colpite da questa patologia, le cui cause vanno dalla chiusura di un vaso arterioso afferente al circolo cerebrale fino a processi di natura tromboembolica arteriosa. Naturalmente l’età superiore ai 70 anni registra la maggior parte di questi casi , che possono però comparire anche in età più giovanili. La mortalità è di circa il 10% entro il primo anno. Esistono fra le possibili cause anche difetti congeniti dei processi emocoagulativi, pervietà del forame ovale ed eccesso di impiego di sostanze stimolanti. Fra le cause di ictus tromboembolico più studiate si annovera da molti anni la fibrillazione atriale. Durante la presenza di questa aritmia cardiaca infatti gli atri non si contraggono e questo , secondo le maggiori teorie, può portare a ristagno di sangue nei recessi atriali e segnatamente nell’ auricola di sinistra con esito in formazione prima di trombo e poi di embolo, magari dopo il ripristino della contrattilità secondaria al recupero del ritmo sinusale regolare. Per questo motivo si è stabilito da diverso tempo, con linee guida, che la conversione della fibrillazione atriale deve essere eseguita o precocemente (entro le 24-48 ore) , periodo in cui non è probabile che il trombo si possa ancora essere formato; oppure se la fibrillazione atriale sia di lunga durata o datante da tempo non precisato, sia indispensabile ipocoagulare il paziente per almeno 3-4 settimane prima del tentativo di portare a ritmo oppure , mediante un ecocardio trans esofageo (TEE) ,si possa procedere in tempi più brevi avendo in precedenza escluso la presenza di trombi in auricola sinistra.
Per quanto riguarda invece la prevenzione in cronico è stato dimostrato in letteratura come alcuni fattori clinici possano avere un peso rilevante nei processi embolici dei pazienti fibrillanti (CHADsvasc score) e ad oggi tutti i pazienti , con qualunque tipologia di fibrillazione atriale, che superino i 2 di score devono essere ipocoagulati ,secondo linee guida ,con Warfarin o mediante DOACs (apixaban,dabigatran, edoxaban,rivaroxaban).
Innumerevoli studi hanno evidenziato senza tema di smentite la non utilità degli antiaggreganti rispetto a queste sostanze. In particolare poi gli studi con gli inibitori del fattore X attivato e della trombina hanno mostrato una minore incidenza di emorragie rispetto al Warfarin, per cui oggi queste sono le sostanze da preferire (Updated European Heart Rhythm Association Practical guide on the use of non-vitamin K antagonist anticoagulants in patients with non valvular atrial fibrillation 2015).
Tutto sembrava quindi risolto fin quando nel 2012, la pubblicazione dello studio ASSERT in pazienti portatori di pace maker e/o ICD , con pertanto un continuo monitoraggio del loro elettrocardiogramma endocavitario, ha dimostrato come i 52 episodi tromboembolici che si erano verificati in questi pazienti (più di 2400) in circa 3 anni di follow up, non fossero temporalmente correlabili agli episodi di fibrillazione atriale, ma in alcuni casi questi insorgessero solo dopo l’ ictus oppure più di 30 giorni prima oppure in assenza completa (50%) di fibrillazione atriale (Subclinical atrial fibrillation and the risk of stroke, Healey J et al NEJM , Jan 2012).
Da ciò deriva l’ importanza di valutare la possibile presenza della fibrillazione atriale anche in pazienti possibilmente asintomatici, allo scopo di potere valutare la necessità o meno di terapia anticoagulante (vedi i criteri CHADsvasc). Ad oggi esistono varie tipologie di dispositivi sia applicabili esternamente anche fino a 15 giorni o più che impiantabili sotto cute (senza fili), con durata di registrazione fino a 3 anni, che sono in grado di registrare in continuità il nostro ritmo ed anche di diagnosticare possibili aritmie ed episodi di fibrillazione atriale asintomatici o che non sono comunque stati valutati.
E’ stato già dimostrato come più lungo è il periodo di registrazione, maggiore sia la probabilità di registrare gli episodi aritmici. Da qui l’ esigenza e la diffusione di tali sistemi di registrazione , che possono essere forniti non solo da ospedali (quelli esterni, applicabili sopra la cute) ma anche da farmacie o centri medici.
I sistemi di monitoraggio impiantabili sono, probabilmente, il gold-standard in termine di sensibilità di diagnosi, ma sono costosi e conseguentemente, non rappresentano un sistema di screening su larga scala.
In quest’ottica, giocano un ruolo sempre più importante i sistemi di screening della FA più semplici, più diffusi e più facili da usare, abbondantemente meno costosi, ma parallelamente efficaci.
In tal senso i nuovi device elettronici, che consentono la precoce identificazione degli episodi di FA durante la misurazione della pressione arteriosa, rappresentano probabilmente una soluzione efficace e certamente economica.
In particolare, un sistema automatico di misurazione della pressione arteriosa e di concomitante analisi del ritmo cardiaco, il sistema brevettato Microlife AFIB, ha dimostrato di avere una sensibilità ed una specificità particolarmente elevate nell’identificazione degli episodi di FA, permettendo di eseguire uno screening del ritmo cardiaco durante il normale monitoraggio della pressione arteriosa.
L’algoritmo di Microlife, utilizzato in uno studio condotto da Medici di Medicina Generale di Hull nel Regno Unito, si è dimostrato in grado di raddoppiare le diagnosi di fibrillazione atriale rispetto al metodo tradizionale rappresentato dalla palpazione del polso: la prevalenza della FA è stata dello 0,4% negli ambulatori che non utilizzavano la tecnologia AFIB e dello 0,8% in quelli che la utilizzavano.
Tali dati hanno indotto il NICE (National Institute for Health and Clinical Excellence) a raccomandare la tecnologia Microlife Afib per lo screening della FA durante la misurazione di routine della pressione arteriosa nella popolazione generale, in quanto più vantaggiosa rispetto alla tradizionale palpazione del polso, in termini di impatto sulla sanità pubblica. In tutti i casi, di fondamentale importanza è che la refertazione avvenga sempre da parte di un cardiologo ed in tempi ristretti.
Si può dire pertanto che la fibrillazione atriale può essere sconfitta?
Sconfiggere si può con la prevenzione e cioè agendo sui fattori favorenti quali ad esempio:
– l’ ipertensione arteriosa non trattata
– il diabete mellito
– la cardiopatia ischemica cronica
– le valvulopatie
– lo scompenso cardiaco
– lo stile di vita
Certo però con la diagnosi corretta , anche nei casi di sintomaticità, si riesce a prevenire l’ ictus ischemico che è la complicanza più sfavorevole e limitante la qualità di vita.
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